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Confindustria, Boccia: “Il nostro Pil è come quello del 2000, ventʼanni buttati”

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Vincenzo Boccia – Presidente Confindustria

“Dal 2000 a oggi il Pil italiano è invariato, contro il +27% della Spagna, il +21% della Germania, il +20% della Francia. Il reddito pro capite è ai livelli del 1998. Vent’anni perduti”. E’ spietata l’analisi del presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia che, in occasione dell’assemblea annuale, ha puntato il dito contro una ripresa del Pil che procede a ritmo troppo lento e ha invitato il mondo politico a procedere sulla strada delle riforme.

“Siamo tornati a crescere, è vero – ha aggiunto -, ma il divario con altri Paesi europei si sta allargando, come accadeva prima della crisi. Inoltre restiamo impigliati nelle nostre croniche carenze strutturali e il tessuto sociale e produttivo rimane fragile”. Saremo l’unico grande Paese in area Euro nel 2017, precisa, con “un valore dell’attività più basso di 10 anni fa e, al ritmo dell’1%, non lo rivedremo prima del 2023”.

Le proposte – Boccia arriva dunque ai passi da fare per un rilancio del sistema Italia e dice che è necessario “azzerare il cuneo fiscale sull’assunzione dei giovani per i primi tre anni. Sapendo fin d’ora che dopo dovremo ridurlo per tutti”. Boccia chiede quindi di “concentrare le risorse disponibili” su questo. “Dobbiamo avviare una grande operazione per includere i giovani nel mondo del lavoro”, continua, sostenendo che “la poca occupazione giovanile è il nostro valore sprecato”. Serve “una misura forte, diretta, percepibile”.

Un patto per la crescita – Indica poi la necessità di “un patto di scopo per la crescita con l’obiettivo di uscire dalle criticità italiane e costruire una effettiva dimensione europea” al quale collaborino tutti: imprenditori, lavoratori e loro rappresentanti, politica, banche e istituzioni finanziari. “Beninteso – chiarisce – non un patto spartitorio dove ciascuno chiede qualcosa per la propria categoria, ma il suo esatto contrario, dove ciascuno cede qualcosa per il bene comune”.

“Più produttività per aumentare i salari” – “Noi vogliamo aumentare le retribuzioni con l’aumento della produttività – continua il numero uno di Confindustria -. E questo è possibile solo con una moderna concezione delle relazioni industriali”. Inoltre Boccia sottolinea che “la strada maestra è quella dei premi di produttività, da detassare in modo strutturale. L’innalzamento della produttività deve essere il nostro faro”.

Il ministro Calenda: sì a detassare la produttività – Il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda dice che concorda con Boccia “sulle finalità di un ‘patto per la Fabbrica‘ che avvicini la contrattazione all’impresa. Siamo pronti a fare la nostra parte valutando un’ulteriore detassazione sui premi e sul salario di produttività”. “Questa è la strada – aggiunge – per avere retribuzioni più alte e aumentare la competitività. Non esistono scorciatoie”.

Boccia: “Sì al maggioritario” – Boccia ribadisce dunque la sua convinzione per cui la “sfida del Paese” sia quella di “continuare lungo la strada delle riforme. E per vincerla – avverte – servono governabilità e stabilità. Non abbiamo mai nascosto la nostra vocazione al maggioritario. Assecondare la tentazione proporzionalista, che oggi vediamo riemergere in molte proposte per la legge elettorale, potrebbe rivelarsi fatale per l’Italia. Comincerebbe una nuova stagione di immobilismo in un quadro neo corporativo e neo consociativo”.

Il ministro: “Legge elettorale che dia un governo” – Sul fronte elezioni il ministro replica che bisogna arrivare al voto “in tempi giusti, evitando l’esercizio provvisorio, dopo aver completato la ricapitalizzazione delle banche in difficoltà e con una legge elettorale che dia, non diciamo certezza, ma la ragionevole probabilità della formazione di un governo riducendo la frammentazione del sistema politico”. E aggiunge che “fino all’ultimo giorno utile dobbiamo continuare a lavorare con determinazione sull’agenda delle riforme”.

Operazione verità sui conti – Infine, Boccia auspica una “operazione verità” sui conti pubblici che abbandoni “ricette fantasiose e di facile consenso” e una politica di “realismo su deficit, debito e crescita” per i quali bisogna “farsi guidare da competenza e serietà”. “Dobbiamo farci trovare pronti – conclude – quando la Bce porrà fine all’acquisto dei titoli sovrani. Il che vuol dire abbassare rapidamente la montagna del debito pubblico attraverso privatizzazioni e dismissioni di immobili pubblici e utilizzare strumenti – come i Matusalem bond – che lo rendano più sostenibile”.

Fonte TGCom

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