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Domenico Tulino a Sergio Mattarella in visita all’UNICAL: Italia riparta da Diritti inalienabili

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Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella - Domenico Tulino (Unical)
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – Domenico Tulino (Unical)

In un contesto assolutamente scontato, quello che ha trovato il Presidente della Repubblica in occasione dell’inaugurazione dell’Anno accademico 2016-2017 dell’UNICAL, una voce, invece, è riuscita a farsi percepire da tutti e anche dal Capo dello Stato: quella di Domenico Tulino, Presidente del Consiglio degli Studenti dell’Università della Calabria. In questo giorno speciale come lo sono tutti quelli che vedono la presenza del Capo dello Stato, non sono mancate le critiche anche da parte di ex Deputati per l’assenza dei veri protagonisti di ogni Università: i Giovani, presenti in numero esiguo perché così disposto dal cerimoniale. E in tal senso ancor di più hanno senso le parole del discorso pronunciato dal loro Presidente Domenico Tulino, che proponiamo interamente. Certo, fa un certo effetto vedere i Giovani rigorosamente attenti e gli adulti smanettare con i cellulari, con il Capo dello Stato seduto a pochi metri. E’ il segno di un cambiamento da tutti auspicato e oggi indispensabile. I problemi, come dice Tulino, sono davvero troppi e bisogna affrontarli.

DISCORSO PRONUNCIATO AL CAPO DELLO STATO DA DOMENICO TULINO
PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEGLI STUDENTI DELL’UNIVERSITA’ DELLA CALABRIA

Signor Presidente,
Magnifico Rettore,
Autorità,
Cari colleghi, signore e signori,

è con emozione che porgo a voi tutti i saluti dell’organo che rappresento e delle migliaia di studenti di questo Ateneo.

La società in cui viviamo sta rapidamente e radicalmente cambiando. Gli effetti della globalizzazione si stanno manifestando in tutta la loro devastante portata. La crescente disoccupazione, il fenomeno dell’immigrazione di massa, l’escalation del terrorismo internazionale e i populismi dilaganti, rappresentano preoccupanti aspetti e problemi di un modello che trae linfa dall’avidità e dall’egoismo dei più forti.

I principi fondamentali su cui si fonda la nostra società: uguaglianza, meritocrazia e solidarietà stanno di fatto cedendo il passo alla spietata logica della massimizzazione del profitto; i diritti inalienabili dell’uomo: lavoro, salute, istruzione, si mostrano sempre più meri enunciati teorici.

Occorre invertire questa tendenza prima che sia troppo tardi ed evitare il rischio che possano ripetersi le aberrazioni del passato, che hanno segnato in maniera indelebile la nostra storia. E’ necessario intervenire con politiche in grado di riportate al centro dell’attenzione l’uomo e l’ambiente, la società e i suoi complessi problemi.

La sovranità popolare deve tornare ad essere l’elemento fondante della democrazia, al riparo dalle alchimie dei mercati finanziari che sono causa di sofferenza e mortificazioni per i ceti più deboli.

Non sono animato da una visione pessimista del mondo, ma sento il dovere di riflettere in modo critico su ciò che è davanti ai nostri occhi.

So di appartenere ad una generazione che ha beneficiato più di altre dei sacrifici dei propri genitori, ma guardo con consapevole preoccupazione ai nostri giorni e a quelli che verranno, carichi di ombre e di incertezze.

Sembrano prevalere sentimenti di odio e tentazioni xenofobe, si tende a costruire muri invece che ponti, le politiche d’austerity, imposte da una Unione Europea mai compiutamente realizzata, e la percezione di un’insicurezza crescente, stanno favorendo il ritorno a pericolosi rigurgiti nazionalisti. In Italia, purtroppo, addolora e delude l’inadeguatezza di una classe politica che – pur con lodevoli eccezioni – appare sempre più interessata a privilegiare i propri interessi, piuttosto che essere protesa alla ricerca di adeguate soluzioni alle innumerevoli problematiche che affliggono il Paese.

Come è possibile che il dibattito politico, ormai da circa un decennio, si concentri in modo infruttoso e demagogico sulla legge elettorale senza trovare le soluzioni necessarie? Perché non suscita lo stesso interesse e la stessa attenzione politica il dramma dell’abbandono scolastico, della fuga dei cervelli, della disoccupazione giovanile? Perché risulta facile reperire le risorse per far fronte ai crack bancari e alle speculazioni finanziarie, e invece si arranca, e si perdono tempo e occasioni, quando in gioco sono la cultura, la ricerca, la didattica, il diritto allo studio?

Un Paese che considera la spesa per la formazione dei propri giovani quasi alla stregua di un costo superfluo, piuttosto che un investimento, è un Paese che ha deciso di rinunciare al proprio futuro!

La nostra Costituzione riconosce e garantisce il diritto allo studio. I Padri Costituenti, incastonandolo tra i primi articoli della Carta Fondamentale, hanno assegnato a tale diritto un ruolo di primaria importanza per lo sviluppo e la crescita socio-culturale del Paese.

L’impegno delle Istituzioni deve essere finalizzato a garantire questo diritto, oggi purtroppo non riconosciuto adeguatamente. E occorre abolire definitivamente l’inaccettabile figura dello studente idoneo non beneficiario.

Garantire il Diritto allo Studio, però, non vuol dire solo sostegno economico, ma significa anche mettere in campo politiche e pratiche virtuose capaci di rendere più facile ed accessibile ai giovani il mondo della formazione e del lavoro.

Gli enti che sono chiamati a esercitare questa funzione debbono assicurare questo diritto, assecondando le aspettative delle famiglie che, nonostante le endemiche difficoltà economiche e sociali, vogliono dare la speranza di un futuro migliore ai propri figli.

In questo caso, purtroppo, è doveroso a denunciare per l’ennesima volta l’incapacità e l’inadeguatezza della governance del nostro Ateneo a gestire questo delicato compito. Una governance che in questi anni ha attuato una politica di gestione dettata da mere logiche di bilancio, con continui tagli ai servizi residenziali e il sistematico ricorso a cavilli burocratici che hanno danneggiato e penalizzato gli studenti. Una inaccettabile linea d’azione, che considera gli studenti alla stregua di freddi numeri da computare in funzione di logiche contabili.

Chi parla, tutti gli studenti, ci opporremo in ogni modo e in ogni sede a decisioni che sono contrarie alle nostre aspettative e a quelle delle nostre famiglie.

Signor Presidente Mattarella, siamo giovani tenaci e volenterosi, pronti a rimboccarci le maniche per metterci al servizio della comunità. Abbiamo bisogno solo di tornare a credere nello Stato, in uno Stato presente che garantisca equità e giustizia. Per questo confidiamo in Lei e nella volontà, che ha espresso con chiarezza nel saluto di fine anno al Paese, di sollecitare la politica e le istituzioni a fare fino in fondo il proprio dovere. Ciò ci rassicura e ci incoraggia ad andare avanti.

La nostra è una terra duramente segnata dall’emigrazione, dall’emarginazione sociale e dall’ingiustizia. Una terra in cui ancora oggi vige la legge del più forte. Una terra dove, oltre a subire la prepotenza delle organizzazioni criminali che impongono con violenza il loro potere, siamo costretti a subire anche l’ingiustizia e la prevaricazione di chi governa la cosa pubblica (anche l’Università!) e con arroganza impone l’esercizio del proprio ruolo.

Ma la nostra è una regione nella quale i giovani vogliono essere protagonisti del proprio destino, lavorando con dignità e dando un contributo alla creazione di una società migliore.

Vogliamo insomma essere protagonisti di un Sud di cui è necessario ritornare a parlare, non con il cappello in mano, consapevoli dei nostri doveri ma fiduciosi nella forza e nel valore del diritto.

Vogliamo che l’Unical, crocevia di culture, lingue e religioni diverse, rappresenti un luogo di speranze e di aspettative concrete. Qui nascono amicizie lunghe una vita e amori che superano qualsiasi confine territoriale e culturale. Il luogo in cui prepararsi ad essere le donne e gli uomini del domani. I Futuri cittadini di una Calabria e di un Paese proiettati verso un futuro migliore.

La nostra Università pertanto non deve svolgere solo il compito di formare gli studenti, ma assolvere anche alla fondamentale funzione pedagogica di aiutarci a raggiungere la piena maturità professionale e civile.

Da qui, dalle nostre aule, dai nostri laboratori, deve venire un segnale forte per spezzare le catene dell’omertà e dell’indifferenza che per troppo tempo hanno tarpato le ali di questa terra.

Solo attraverso la cultura può prendere avvio il processo di cambiamento che auspichiamo possa portare al più presto all’emancipazione della nostra terra.

Grazie Signor Presidente
Grazie Rettore
Grazie signore e signori.
Grazie soprattutto UNICAL!

 

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