di Alessandro Corneli /
Avrebbe dovuto essere approvato tutto in settimana (anzi, entro dicembre scorso). Invece, per le riforme, le cose si complicano per la dura opposizione del M5S, per la neo-opposizione di Forza Italia, per la riemergente opposizione della sinistra del Pd, per alcune obiezioni intelligenti che vanno a scalfire l’ottusità dei testi blindati: non sono ottusi perché blindati, ma blindati perché ottusi.
Su tutto, aleggia il grande partito della conservazione. Renzi tenta di “cambiare tutto perché nulla cambi”, alla solita maniera. Ma c’è chi non vuole correre il più piccolo rischio: meglio non cambiare. Giorgio Napolitano, che pur aveva invitato a fare le riforme, se n’è andato prima che qualsiasi riforma importante fosse stata fatta. Del resto, aveva giurato fedeltà alla Costituzione e, infatti, era l’ennesimo paradosso italiano un Presidente che aveva giurato fedeltà alla Costituzione e a giorni alterni invitava a modificarla.
Un’altra anomalia si sta delineando. La riforma della Costituzione fatta dal centrodestra nel 2005, e con la sola maggioranza di centrodestra, fu bocciata al referendum del 2006, voluto dalla sinistra che aveva vinto le elezioni. Adesso Renzi è sul punto di fare approvare una riforma con lo stesso metodo, con i suoi soli voti. Napolitano chiedeva le “larghe intese”, ben sapendo che non c’erano e, forse, pensando che non ci sarebbero mai state. Se n’è andato alla ventitreesima ora ed è scoppiato il caos. Adesso anche a Berlusconi quelle riforme non piacciono, con una parziale eccezione per la riforma elettorale.
Il M5S vuole un dibattito approfondito, come il tema richiederebbe. Ma Renzi non lo vuole perché, anche a un’opinione pubblica distratta, le forzature delle riforme apparirebbero invotabili. Con commovente dedizione, Maria Elena Boschi, giovane ministro delle Riforme, vorrebbe portare al Capo un risultato positivo, ma resta chiusa alle modifiche che pure sarebbero necessarie perché dettate da un minimo di intelligenza costituzionale.
Non si può fare un Senato, cioè una Camera delle Regioni, dove controllati e controllori sono le stesse persone. Non si possono riportare alcuni poteri allo Stato senza affrontare con chiarezza i limiti e i difetti dell’istituto regionale e ammettere “ci siamo sbagliati”.
Non si può fare una legge elettorale in cui almeno la metà degli eletti sono i capilista scelti dal segretario del partito, violando una sentenza della Corte costituzionale.
La sinistra del Pd vorrebbe che fosse possibile sentire la Corte costituzionale sulla costituzionalità di una legge prima che questa sia votata definitivamente: visti i precedenti, la richiesta sembra saggia. Il testo in esame prevede che a farne la richiesta sia un terzo dei parlamentari: troppi.
Ancora la sinistra del Pd vorrebbe che si scorporasse il capitolo delle spese per investimenti dal pareggio di Bilancio previsto in Costituzione: il Governo non può chiedere questo all’Europa e non ammetterlo in Costituzione. E altro ancora.
Così tutti è rinviato a marzo, ma lo slittamento potrebbe prolungarsi. Perché il partito della conservazione è all’opera e potrebbe trovare una sponda nel presidente Sergio Mattarella, che per il momento sta a guardare. Benché l’Italia abbia bisogno di riforme, queste devono essere intelligenti, e quelle proposte dal Governo non lo sono.