FABIO GALLO È STATO ASSOLTO DA TUTTE LE ACCUSE che gli sono state mosse dal Procuratore della Repubblica di Cosenza Alfredo Serafini. Assolto anche dalle accuse mossegli dal cognato del Procuratore Serafini, Ippolito Bonofiglio, titolare di Ente di Formazione Professionale e da Isabella Sisca, estetista e titolare di una scuola di danza di Cosenza, anche lei destinataria di fondi della Formazione Professionale della Regione Calabria. Le sentenze di assoluzione non solo dichiarano l’innocenza del noto Coreografo e Regista Fabio Gallo, ma aprono ad uno scenario che le stesse sentenze dei Giudici di Milano rendono più che concreto e cioè che il processo cosentino subìto da Gallo fosse totalmente “condizionato e pilotato” dallo stesso Serafini con lo scopo di tutelare gli interessi finanziari del cognato che avrebbe ricevuto un notevole danno se all’associazione di cui era presidente Fabio Gallo fossero stati rivolti – come realmente accaduto – miliardari finanziamenti della Formazione Professionale nel settore delle arti coreutiche. A dirlo è la protervia con la quale il capo della Procura di Cosenza ha posto in essere una vera e propria persecuzione giudiziaria nei confronti di Fabio Gallo, finita in un bagno di sconfitte per lo stesso Procuratore di Cosenza giunte dai suoi stessi colleghi Magistrati di Milano, Messina e Cosenza. I guai per il noto Coreografo di RAIUNO iniziarono proprio con il suo ingresso nella gestione dei fondi miliardari della Formazione professionale e nel giorno in cui decise di denunciare la scomparsa dei suoi progetti dagli uffici di Catanzaro ove era stato convocato per la stipula dei contratti che avrebbero avviato l’erogazione dei fondi, di cui parleremo con maggiori dettagli. Qualcosa, innanzi la Corte di Milano, ha, evidentemente, rotto il perverso disegno ordito contro Fabio Gallo: la scomparsa di ben 800 telefonate registrate presenti nello stesso tabulato telefonico che avrebbero provato con assoluta certezza l’innocenza di Gallo, oltre le minacce ricevute dal perito fonico del processo Gallo proprio dal Procuratore della Repubblica di Cosenza Serafini, per avere accettato di espletare la perizia su incarico della difesa di Fabio Gallo. L’interrogatorio del perito fu un vero e proprio scandalo quando, nel tentativo di negare l’evidenza, fu messo con le spalle al muro dalla Corte che aveva acquisito una registrazione effettuata da Fabio Gallo che lo inchiodava alle sue responsabilità facendo conquistare a Gallo una piena assoluzione. E se vale la massima che recita «Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova», nel caso di Fabio Gallo gli indizi sono multipli di tre, se si considera che alle numerose sentenze che lo hanno visto uscire innocente dal Tribunale di Milano, si devono aggiungere quelle altrettanto numerose giunte da Messina possiamo certamente dire che il capo della Procura di Cosenza ne uscì letteralmente demolito. Ma vi è di peggio se pensiamo che a seguito della sentenza di assoluzione di uno dei processi che vedevano Fabio Gallo imputato a Messina, una volta pubblicata la Sentenza e giunta alla stampa, il Procuratore Serafini affermò, con tanto di articolo sui giornali evidentemente servili, che non vi era stata alcuna assoluzione, pur esistendo la sentenza che testimoniava il contrario. Ciò, per far comprendere la cappa nella quale Fabio Gallo dovette muoversi per avere diritto alla verità. Ormai erano decine i Magistrati inquirenti e giudicanti che avevano dato ragione a Fabio Gallo. Troppi per poter sostenere ancora che il processo subito da Fabio Gallo fosse un normale processo. Ma accadde molto di più e molto di peggio e dire “complotto” si minimizzerebbe il gravame di illeciti a tutti i livelli che subiva Gallo.
Il tempo è galantuomo, sembrano dire le tante assoluzioni giunte per Fabio Gallo dai Tribunali di Milano, Messina, e Cosenza.
Sentenze che si uniscono ad indagini condotte magistralmente dall’Arma dei Carabinieri di Cosenza su disposizione del Sostituto Procuratore della Repubblica Dott. Massimo Lento, grazie alle quali emerse una meschina e tristissima tessitura di crimini posti in essere contro Fabio Gallo da donne e uomini della borghesia cosentina che, come interesse primario avevano quello servire il Procuratore Alfredo Serafini e manipolare la Giustizia stessa e i suoi Magistrati inquirenti di Messina, oltre che delegittimare i testimoni della Giustizia che sostenevano le verità espresse da Fabio Gallo.
Ma come e con quali strumenti queste “signore” sempre al telefono avrebbero agito? Se necessario, incredibile a credersi, con orrende manipolazioni di minorenni pronte ad essere utilizzate contro Gallo anche se sapevano assolutamente innocente. Come per dire: se fosse caduta l’accusa, le “signore” sarebbero state pronte a ricaricare quella che il noto cassazionista Luigi Gullo definì “una lupara caricata a minorenni e silenziata con il Codice di Procedura Penale”
Ma come iniziò la storia di Fabio Gallo? Ma perché a Fabio Gallo accadde tutto questo? Andiamo a dare uno sguardo al passato.
Fabio Gallo era la più nota stella della danza televisiva degli anni novanta. Coreografo e regista affermato, bellissimo nella sua presenza fisica, gentiluomo costellato da amori e successi di ogni tipo che coloravano le copertine patinate delle migliori riviste italiane di gossip televisivo. Una vera celebrità apprezzata dalla critica internazionale e dedita, con molta riservatezza, al sostegno dei deboli e degli ultimi al punto tale che per perorare la loro causa, un giorno del Dicembre 93 si trovò faccia a faccia con Giovanni Paolo II, in Vaticano, in un incontro che gli cambiò la vita, in ogni senso. All’apice della sua carriera Fabio Gallo pensò che tornare nella sua città Natale (Cosenza), fosse indispensabile per attivare un piano progettuale capace di vivificare la Città dal profilo culturale e formare i giovani perché essi non dovessero più vedersi costretti ad andare via per la ricerca di lavoro. Così, decise di accettare la proposta del politico che gestiva la Formazione Professionale che gli avrebbe consentito di ricevere fondi su rimesse CEE finalizzati alla formazione di Coreografi e non solo.
E così fu che un giorno a Cosenza prese vita un congegno demolitivo contro la stella dell’Arte. Il giorno 15 Dicembre 1993 alle ore 18.00 circa, guarda caso lo stesso giorno in cui alle ore 12,00 Fabio Gallo riceveva la telefonata dalla Regione Calabria con la quale questa accordava all’Associazione presieduta da lui stesso corsi di Formazione professionale su rimesse CEE per alcuni miliardi, una ragazza di 15 anni unita alla madre ad un avvocato, entrano nel stanza del Procura della Repubblica di Cosenza per denunciare Fabio Gallo di aver abusato (consensualmente, ndr.) della ragazza.
Fabio Gallo comprese presto che questa battaglia sarebbe stata persa perché aveva i connotati dell’esecuzione. Erano intanto emerse prove consistenti (quelle che hanno fatto assolvere nel processo milanese Fabio Gallo), che ponevano in grande evidenza il rapporto tra il procuratore Alfredo Serafini e un importante gestore locale di Fondi regionali che risultava essere il cognato dello stesso procuratore (Ippolito Bonofiglio ndr.) e una donna, una estetista, proprietaria di una catena di scuole di danza, tale Isabella Sisca la quale, come il cognato del Procuratore Alfredo Serafini, gestiva gli stessi fondi avocati dall’associazione presieduta all’epoca da Fabio Gallo, per i giovani. Con quest’ultima, l’estetista Isabella Sisca, il Procuratore Alfredo Serafini si unì in un redazionale pubblicato a tutta pagina dal settimanale “Oggi”, condividendo lo stesso articolo, nella stessa pagina, nella stessa intervista contro Fabio Gallo. Fu proprio questa reazione che univa un alto Magistrato ad una Estetista che gestiva scuole di danza a destare domande e sospetti. Come mai un alto Magistrato condivide spazi con la concorrente di Gallo?
Fu un articolo del giornalista di cronaca giudiziaria Roberto Ormanni del Mattino di Napoli (figlio del noto Magistrato Italo Ormanni, ndr.) che sensibilizzato dall’Avv. di Fabio Gallo, il prof. Enrico Tuccillo del Foro di Napoli, in seguito ad una accurata indagine e raccolta di testimonianze e atti, fece scoppiare il caso. L’articolo metteva a nudo la squallida realtà nella quale si stava conducendo a Cosenza il processo contro Fabio Gallo. Al punto tale da scatenare ire e denunce da parte del Procuratore Alfredo Serafini, del Cognato Ippolito Bonofiglio e dell’estetista Isabella Sisca.
Forse questa fu una strategia: la strategia vincente poiché il processo si spostò nelle sedi competenti di Milano (sede legale della testata giornalistica che pubblicava l’articolo di Ormanni) e Messina (competente per la Magistratura di Cosenza). Infatti, tutti i magistrati imparziali e che non avrebbero dovuto tutelare interessi di nessuno, hanno assolto Fabio Gallo.
Le denunce del Procuratore della Repubblica di Cosenza Alfredo Serafini contro Fabio Gallo furono la sua stessa firma su quella che oggi si può considerare una delle più gravi vessazioni giudiziarie compiute da un Magistrato su un singolo cittadino inerme in Italia. Di certo, una pagina sventurata della mala Giustizia italiana sconfitta, anche se ancora non del tutto – come dichiara lo stesso Fabio Gallo – dalla Stessa Giustizia, quella che legge le carte dei processi e non ha pregiudizi. Circa dieci anni di dura realtà giudiziaria che oggi testimoniano l’assoluta correttezza, la linearità e le verità sostenute dalla stella dell’Arte.
Fabio Gallo è stato assolto da tutti questi processi. Ne ha riportato, però, un danno irreversibile anche dal profilo biologico ripagato da nessuno, perché nel corso del processi si ammalò di una grave forma di malattia dismetabolica.
“A vincere – dichiara Fabio Gallo – sono state le Verità che ho sempre sostenuto e insieme a me ha vinto la Giustizia. Non sono stato solo. Ho perso un processo ma dopo, in dieci anni di durissime battaglie oltre venti Giudici mi hanno dato ragione. Tutte le mie assoluzioni sono sempre state richieste non solo dai miei legali, ovviamente, ma dai Pubblici Ministeri. Questo dato consolida le tesi da me sostenute e da senso di completezza alla Verità e alla vittoria perché è, ripeto, una vittoria della Giustizia e dei valori cui tutti i cittadini onesti ambiscono. Quando fui condannato nel 95 – continua Fabio Gallo – ritenni ingiusto il sistema giudiziario italiano. Poi iniziò la lunga battaglia giudiziaria che, pezzo per pezzo, compose nelle aule di giustizia il puzzle che una volta definito, prendeva la forma esatta di una persecuzione volta a sopraffare la mia esistenza di giovane dedito a grandi progetti e capace di affermare a gran voce la verità su questioni scottanti del meridione dell’Italia. Dunque compresi che non era “tutta” la Giustizia ad avere operato il male ma solo un uomo, un singolo uomo, un magistrato, che aveva interesse personale nella mia vicenda e con il suo fare, le sue omissioni e le sue minacce, condizionava l’andamento del mio processo, l’acquisizione delle prove, le indagini stesse. E tutto ciò, solo per interessi finanziari nell’ambito di progetti e fondi miliardari che solitamente venivano gestiti da famiglie di innominabili, come quelle, appunto, emerse dai processi”.
“Solo recentemente – racconta Fabio Gallo – ho compreso grazie ad una illuminante riflessione di un Alto Magistrato che per anni ha presieduto il Tribunale di Cosenza, il perché un investigatore di PG che si occupò del mio caso fu disponibile a chiedere alle ragazze che venivano convocate negli Uffici di Polizia, di dare falsa testimonianza, di sottoscrivere false dichiarazioni contro la mia persona. Anche se esse sapevano essere false. E anche sotto la depravata minaccia (come dichiarato da testimoni nel processo, ndr.), oltre ogni dovere d’ufficio, fino a giungere a massicce dosi di violenza psicologica esercitate negli anni, anche oltre il processo a si temeva potesse parlare prima o poi. Un fatto così grave che in qualsiasi altra Città d’Italia, avrebbe portato all’immediato arresto del soggetto. Il motivo che non avevo mai capito era ‘la sua ignoranza’. Solo un ignorante vero può prestarsi a simili azioni che un domani possono gravare su un intero Corpo di Polizia, senza che essa ne sia correo. Un Funzionario di PG intelligente, ha riflettuto il Presidente Emerito del Tribunale, non si sarebbe mai prestato ad un gioco così sporco e non avrebbe mai esposto ne la sua persona ne, tanto meno, il suo Corpo di appartenenza.
Oggi, dopo 17 anni la Calabria non è cambiata affatto ma si distinguono onesti Magistrati che, sono certo, non giocherebbero per motivi personali e familiari con gli strumenti del loro Ufficio di Giustizia. “Avere oggi questa speranza, è importante – dice Fabio Gallo – perché anche chi ha subito le gravissime vessazioni giudiziarie come quelle emerse nel mio caso, può dire a se stesso e ai propri familiari ‘non siamo da soli’. “La Calabria – continua Fabio Gallo – ha vissuto un momento buio che ha dato vita ad una Giustizia che maturava le colpe dei malcapitati, come nel mio caso, nei salotti di notabili famiglie di Cosenza che, se non fossero state scoperte dall’Arma dei Carabinieri in flagranza di reato, nessuno avrebbe mai potuto credere a tutto questo”.
“Così come nel processo in cui venni assolto anche a Milano, è stato tristissimo scoprire che il Procuratore Alfredo Serafini aveva minacciato, iscrivendolo al suo stesso registro dei reati, evidentemente in modo strumentale, chi lavorava per fare emergere verità processuali, come mi disse il Dott. Sandro Lopez, noto e bravo Perito fonico-balistico della stessa Procura della Repubblica di Cosenza che, solo per avere dato la sua disponibilità ad occuparsi del mio caso e dopo avere scoperto la sottrazione di oltre 800 telefonate importanti indispensabili quale testimonianza della mia assoluta innocenza e della tesi difensiva, un attimo prima di dare la sua testimonianza in Alula, fu chiamato dal Procuratore Alfredo Serafini nella sua stanza e avvertito di abbandonare il caso perché d’interesse della sua famiglia.
I Giudici di Milano poterono ascoltare con le proprie orecchie questi fatti veramente sconcertanti che animarono una delle più importanti pagine della Giustizia italiana. Quando vedemmo la Corte milanese acquisire le prove e interrogare i testimoni reticenti che non poterono fare altro che arrendersi innanzi alla Verità, capimmo che le cose erano cambiate. Vale la pena di ricordare in positivo i miei avvocati Tommaso Sorrentino, il Prof. Luigi Gullo, il giovanissimo nipote suo omonimo, Marcello Manna, Enrico Tuccillo, Antonio Ciacco. Purtroppo – aggiunge Fabio Gallo – prima di ricevere queste importanti soddisfazioni giudiziarie abbiamo perso il primo processo. Ma quello non lo avrebbe potuto vincere nessuno perché non era un processo ma una esecuzione giudiziaria”.
E allo stesso tempo nessuno avrebbe mai potuto credere che al Giudice Maria Cristina Mannocci di Milano (G.I.P. di Mani Pulite), nel processo in cui Fabio Gallo veniva accusato di diffamazione a mezzo stampa da Isabella Sisca, venivano forniti dalla difesa di Gallo documenti attestanti il ramo di parentela tra questa e la minore che aveva denunciato la stella della danza. Il cerchio si chiudeva in una nuova assoluzione per Fabio Gallo e con il dovere prendere atto che le querele usate per distruggere Fabio Gallo facevano presa solo a Cosenza, dove a capo della procura della Repubblica vi era il Procuratore Alfredo Serafini.
Dalle tante assoluzioni e proscioglimenti che Fabio Gallo iniziava a collezionare, dunque da sentenze oggi tutte definitive, emergeva anche un quadro più sconcertante che vedeva un giro soggetti e parenti uniti dagli stessi affari (gestione di cospicui fondi CEE) che il Procuratore Alfredo Serafini proteggeva al punto tale – come accaduto nello storico processi tenutosi presso il Tribunale di Milano – da arrivare a dichiarare sotto giuramento che il cognato Ippolito Bonofiglio si autofinanziasse i Corsi di Formazione Professionale, meritando per ciò una gravissima nota in sentenza, poiché, sempre nella stessa udienza, fu smentito dal Dott. Luigi Concolino della Regione Calabria il quale, con molta chiarezza, rispondendo alle domande dei Giudici, testimoniò alla Giustizia Milanese, l’esatto contrario. Risultava, infatti, che il cognato del Procuratore della Repubblica di Cosenza Alfredo Serafini gestisse importantissime somme di danaro erogate dalla Regione Calabria su risorse CEE. Nello stesso periodo risulta essere pervenuta a Milano nota di uno scandalo che vedeva la società del Cognato del Procuratore addirittura denunciata da ben 500 parti civili che si ritenevano truffate. Dunque non era erroneo ritenere il cognato del Procuratore Alfredo Serafini, così come il gestore delle scuole di danza, concorrenti del giovane artista.
Con il tempo le sentenze dei vari Tribunali ove si tenevano i processi fornivano una visione d’insieme chiara e impeccabile degli orrendi meccanismi che si erano attivati prima e durante e dopo il processo che vide Fabio Gallo messo al muro, per evitare che la verità venisse a galla. Meccanismo che con il tempo faceva comodo a molti: ai concorrenti primari perché toglievano dal mercato un concorrente onesto e potenzialmente fortissimo; ma anche tutti colori i quali erano i servitori dal basso – i corruttori, i calunniatori, coloro i quali difendevano a tutti i costi le accuse contro Gallo, coloro i quali si mettevano disposizione per colpire falsamente anche con lo strumento della calunnia (come involontariamente scoperto dall’Arma dei CC).
Ma cosa ne ricava certa gente, apparentemente per bene, da simili comportamenti che a molti di noi sembrano impossibili? Evidentemente, gratificazioni più spicciole e immediate in una realtà nella quale, quando l’Ufficiale Giudiziario viene spessissimo a cercarti a casa perché sei rovinata/o, è importante poter dire, magari: io ho fatto la mia parte perché oltre tutto il resto vi ho avvertiti che Fabio Gallo stava presentando denunce importanti a Messina, “che sta facendo carne da macello…che sta massacrando tutti..” o, ancor più, dare l’allarme, avvertire del fatto che “..ora ci vengono a prendere tutti, non sappiamo più cosa fare, non lo teniamo più..). Fatti non gravi ma gravissimi sui quali, una volta certificati da indagini dell’Arma e successive sentenze, la Procura della Repubblica di Cosenza avrebbe dovuto immediatamente indagare e non lo ha mai fatto.
Ma la persecuzione del Procuratore Alfredo Serafini nei confronti di Fabio Gallo fu talmente spietata da raggiungere anche i giornalisti della città di Cosenza che venivano intimoriti dal suo fare e raggiunti presso le sedi delle Testate giornalistiche da lettere a firma dello stesso Procuratore Serafini e su carta intestata della Procura della Repubblica (utilizzata per fatti che attenevano la sua persona e non il suo Ufficio ndr.) con le quali spudoratamente, a fronte dell’assoluzione di Fabio Gallo da sua accusa in seguito al giudizio della Magistratura di Messina, faceva scrivere sui giornali che “nessuna assoluzione vi era stata per Fabio Gallo a Messina”. Veramente incredibile.
Sul punto Fabio Gallo disse: ” fino a quel giorno, nonostante il quadro mi fosse molto chiaro, avevo in me una piccola riserva nella quale riponevo il dubbio poiché non potevo credere ad un coinvolgimento subdolo operato sul Capo della Procura della Repubblica di Cosenza, da terze persone mie concorrenti. Purtroppo, minacciando la nota emittente TV di Cosenza e pretendendo che la stampa passasse notizie false e cioè che i Giudici di Messina non mi avevano assolto dalle sue accuse, dovetti cedere il passo alla certezza che quell’uomo, un Procuratore Capo della Repubblica, stava operando contro la stessa Giustizia e che, per questo, la questione era molto seria, grave e pericolosa”.
Stesso diritto si voleva negare al giornalista Roberto Ormanni che aveva fatto scoppiare il caso. E sul punto ad esprimersi fu la Grande Camera della Corte per i Diritti dell’Uomo di Strasburgo che ha condannato l’Italia, per la prima volta nella storia della Repubblica, per la violazione dell’Art. 10 che regolamenta la libertà di stampa. Dunque il diritto sacrosanto del giornalista di esprimere il punto di vista della stella dell’Arte Fabio Gallo.
Si era giunti anche a questo.
Quanto sopra dopo accurata esamina degli atti di Giustizia.
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