di Vincenzo Ricca
La nostra Costituzione e la nostra legge ordinaria non offrono strumenti per disciplinare
giuridicamente un epidemia, meglio la pandemia, sempre che di pandemia si tratti.
La nostra Costituzione niente regola al riguardo. Essa infatti conosce lo “Stato di guerra” (art. 78), ma non lo “Stato di emergenza”.
Non a caso, lo Stato di emergenza è stato dichiarato in base agli artt. 7, 1° comma lettera c) e 24, 1° comma del decreto legislativo 2 gennaio 2018 n. 1, quindi in base al codice della protezione civile, e non in base alla Costituzione.
L’art. 78 Cost. che contempla lo stato di guerra non è soggetto ad interpretazione analogica, e, dunque, lo “Stato di emergenza” non può essere equiparato allo “Stato di guerra”.
Lo “Stato di guerra” deve essere deliberato dal Parlamento.
Il Parlamento stabilisce quali sono i poteri del Governo per far fronte alla situazione (art. 78 Cost.), dopodichè, lo “stato di guerra” deve essere dichiarato dal Presidente della Repubblica (art. 87 Cost.).
Lo “Stato di emergenza”, per questi motivi, non è stato nè deliberato dal Parlamento, né dichiarato dal Presidente della Repubblica.
Se è vero che la Costituzione non regola lo “Stato di emergenza”, è parimenti vero che la “pandemia(?)” in corso non è nemmeno regolata dal codice della protezione civile (D.Lgs 1/2018) in base al quale invero è stato dichiarato con il d.l. del 31.01.2020.
Ed infatti l’art. 24, 1° comma di detto codice stabilisce che, nei casi di cui all’art. 7, il Consiglio dei Ministri autorizza “l’emanazione delle ordinanze di protezione civile di cui all’articolo 25”.
A sua volta l’art. 25 del codice della protezione civile chiarisce come le ordinanze in questione, che devono comunque essere adottate “nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e dell’Unione europea”, hanno ad oggetto i contenuti di cui al secondo comma dell’art. 25, ovvero possono essere finalizzate:
“a) all’organizzazione ed all’effettuazione degli interventi di soccorso e assistenza alla popolazione interessata dall’evento;
b) al ripristino della funzionalità dei servizi pubblici e delle infrastrutture di reti strategiche, alle attività di gestione dei rifiuti, delle macerie, del materiale vegetale o alluvionale o delle terre e rocce da scavo prodotti dagli eventi e alle misure volte a garantire la continuità amministrativa nei comuni e territori interessati, anche mediante interventi di natura temporanea;
c) all’attivazione di prime misure economiche di immediato sostegno al tessuto economico e sociale nei confronti della popolazione e delle attività economiche e produttive direttamente interessate dall’evento, per fronteggiare le più urgenti necessità;
d) alla realizzazione di interventi, anche strutturali, per la riduzione del rischio residuo nelle aree colpite dagli eventi calamitosi, strettamente connesso all’evento e finalizzati prioritariamente alla tutela della pubblica e privata incolumità, in coerenza con gli strumenti di programmazione e pianificazione esistenti;
e) alla ricognizione dei fabbisogni per il ripristino delle strutture e delle infrastrutture, pubbliche e private, danneggiate, nonché dei danni subiti dalle attività economiche e produttive, dai beni culturali e paesaggistici e dal patrimonio edilizio, da porre in essere sulla base di procedure definite con la medesima o altra ordinanza;
f) all’attuazione delle misure per far fronte alle esigenze urgenti di cui alla lettera e), anche attraverso misure di delocalizzazione, laddove possibile temporanea, in altra località del territorio regionale, entro i limiti delle risorse finanziarie individuate con delibera del Consiglio dei ministri, sentita la regione interessata, e secondo i criteri individuati con la delibera di cui all’articolo 28”. Potevano queste ordinanze essere finalizzate anche per far fronte a una epidemia virale? (continua)