“Aiutate l’Umbria ad aiutare gli umbri”. Chiara Lungarotti è tornata dal Vinitaly di Verona nella sua Torgiano, dove guida la cantina di famiglia, assieme alla sorella Teresa e alla madre Maria Grazia.
Non ha trovato le folle di turisti di primavera che assaggiano e visitano il Museo che secondo il New York Times è il migliore al mondo sul vino. Dal 24 agosto scorso, quando un rombo di magnitudo 6 ha scosso Arquata del Tronto (Ascoli Piceno) e Accumuli (Rieti), l’Umbria è finita in un cono d’ombra. “E’ come se fossimo in un secondo cratere: nel 95% della regione non ci sono stati stati danni, ma a crollare è stato il turismo”. Ristoranti e musei non sono più pieni, le visite e gli acquisti nelle cantine sono state colpite da questo effetto collaterale. Per questo Chiara Lungarotti lancia il suo appello agli italiani: tornate in Umbria, aiutate gli umbri.
Qui si scrutano i terremoti da secoli. “A Perugia, nell’abbazia di San Pietro – spiega la vignaiola – c’è padre Mariano, sa tutto sulle scosse, guida l’Osservatorio sismico Bina dove c’è un sismografo a pendolo del 1751, il più antico d’Italia. Padre Mariano nel 1997 riuscì a presagire quello che poi accadde e corse dal prefetto. Non era una previsione, ma un timore purtroppo azzeccato”.
Chiara Lungarotti mostra i muri dell’azienda: “Nemmeno una crepa”. E sembra di sentire lo scrittore John Fante raccontare il suo Abruzzo e la “gente che mi somiglia, gente piccola che quando fa una casa con tutto l’universo dentro, è capace di resistere anche al Diluvio universale”. La donna del vino racconta: “Papà Giorgio costruì questo edifico nel 1964, portò i suoi operai da fuori regione, disse che voleva una casa di cui fidarsi. Ed eccola qui, neppure un segno dopo le scosse”. Slow Food, pochi giorni fa, ha lanciato un appello: “se non ve la sentite di visitare le cantine perché temete nuove scosse, comprate in vino di Umbria, Abruzzo e Marche nelle enoteche delle vostre città, sostenete i vignaioli in difficoltà, se lo meritano”.
Tra i possibili acquisti c’è l’ultimo nato in casa Lungarotti. Si chiama Ilbio, un Sagrantino 2015 dalla Tenuta di Montefalco. Un vino che conferma la svolta ambientale anche di antiche cantine italiane: Antinori, ad esempio, ha appena acquistato Capraia, azienda bio con 45 ettari di viti, a Castellina, nel Chianti Classico (“Tutte le nostre aziende sono sostenibili, ma questo è un passo avanti in una strada, come il biologico, che tutti devono percorrere”), ha detto la presidente Albiera Antinori al “Corriere Fiorentino”.
Il bio di Lungarotti, un Igt Umbria, “come ogni Sagrantino riflette più il produttore che la provenienza”, dice Lungarotti, “lo abbiamo voluto morbido e piacevole. Il Sagrantino può diventare un cavallo selvaggio. L’abbiamo domato. Ci pensavamo da anni, durante le prove lo chiamavano il vino bio. Nessuna fantasia. Abbiamo continuato così, mettendo nell’etichetta la pianta catastale della zona da cui arriva, Turrita di Montefalco, certificata bio da tre anni”. Solo diecimila bottiglie per questa prima incursione nel pianeta biologico di Lungarotti. Un bel color rubino, un profumo di frutti rossi, nel bicchiere i tannini si fanno sentire: un vino piacevole che promette di resistere bene agli anni.
Nonostante il calo di turisti in Umbria, Chiara Lungarotti continua a ricevere gli appassionati del vino e a vendere in cantina circa il 10% delle bottiglie. Ne produce 2,5 milioni. Sei bottiglie su dieci vengono vendute in Italia, un mercato in crescita del 2,6% nel 2016. Una storica cantina che si evolve per stare al passo con i tempi e assomiglia alla resistente casa di John Fante “con dentro tutto l’universo” della gente che l’ha costruita.
Fonte Corriere.it a cura di Luciano Ferraro