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Don Ennio Stamile su scomunica di Papa Francesco a mafiosi. Fu criticato ingiustamente da Magistratura!

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Papa Francesco - Don Ennio Stamile
Papa Francesco – Don Ennio Stamile

Di Don Ennio Stamile/Corsi e ricorsi storici/

Don Ennio Stamile ripercorre i giorni in cui la Magistratura calabrese arrivò a dubitare anche di Papa Francesco. Certo, la questione ‘ndrangheta è una vera piaga e ognuno cerca di trattarla in base ai propri strumenti: la Magistratura con indagini e processi, la Chiesa con i suoi strumenti che appartengono più alla sfera educativa. A volte ha ragione la Magistratura che indaga ed è a conoscenza dei fatti. A volte ha ragione la Chiesa quando la cronaca dimostra che ad andare in galera, in Calabria, per motivi legati alla mafia, sono anche Magistrati e notabili di ogni ordine e grado.

Nessuno poteva mai immaginare che Papa Francesco pronunciasse una vera e propria scomunica non solo ai “mafiosi” bensì a tutti gli “operatori del male”. Ecco, questa seconda, allarga la scomunica di Papa Francesco alla dimensione non più e solo dell’evidenza dettata dalle cronache (condannati per mafia, ‘ndranghetisti, etc.), ma alla dimensione più profonda del discernimento. E’ scomunicato chi opera il male, chi fa male. Papa Francesco in quello che possiamo definire il “miracolo” della spianata di Sibari, riporta l’intera umanità sul binario unico della correttezza propria della fede e della dottrina cristiana.

Ma la strada è stata dura come dure le critiche da una parte e dall’altra, sia da parte della Magistratura, non di un Magistrato a caso, bensì di Nicola Gratteri; dall’altra non un sacerdote a caso ma Don Ennio Stamile. Alla fine, in fondo, entrambi (battaglieri e capaci come pochi, ndr.) possono dirsi soddisfatti della picconata di Papa Francesco su quella zolla di meravigliosa Terra che è la Calabria, alla ricerca di libertà.

IL REDAZIONALE DELL’EPOCA DI DON ENNIO STAMILE
Chissà come l’ha presa l’omelia di Papa Francesco il dottor Gratteri che pochi giorni prima dell’arrivo del pontefice in Calabria (Sibari 21 giugno del 2015) non ha fatto mancare nuove esternazioni contro la chiesa, i presbiteri e lo stesso Papa che, a suo dire si sarebbe convertito alla tenerezza dei sorrisi, degli abbracci e delle foto. Quella di Trame 4, festival dei libri contro le mafie svoltasi a Lamezia Terme proprio alla vigilia dell’arrivo del Papa, è stata per il magistrato reggino un’altra occasione sprecata per stare in silenzio su argomenti che non conosce, come l’azione pastorale dell’educazione delle coscienze in contesti di ‘ndrangheta, che in molte zone della nostra terra di Calabria viene svolto spesso in silenzio da sacerdoti, consacrati e consacrate religiosi e tanti laici impegnati nelle catechesi e nel cammino educativo dei giovani.

Debbo riconoscere che Nicola Gratteri questa volta, oltre ad aver davvero superato il limite della decenza con i soliti luoghi comuni circa i sacerdoti che secondo la sua visione distorta sarebbero tutti o collusi o pedofili, è stato davvero un pessimo profeta nei confronti di Papa Francesco, anche se ciò, francamente, non mi sorprende. La supponenza tipica di chi pensa di possedere la verità, cede sotto le lusinghe dei riflettori mediatici che da troppo tempo sono fermi sulla sua persona, alla enfiagioni di quel pericoloso “so tutto di tutti e dico sempre comunque, e dovunque la verità”. Papa Francesco è sceso in Calabria non per fare una gita turistica sotto i riflettori delle telecamere, per dispensare sorrisi ed abbracci. Ma per confermare nella fede – è questo il ruolo di Pietro e dei suoi successori – il popolo di questa Terra di Calabria con le sue bellezze, i suoi drammi e le sue fragilità.

E puntualmente Papa Francesco non è venuto meno alla sua missione: visitando i carcerati luogo di disperazione e di sofferenza, non dimentichiamo che nel carcere di Castrovillari spesso si registrano suicidi; per stare con i poveri e condividere il pranzo con loro; per dare una parola di speranza ai tanti giovani calabresi, spesso costretti a lasciare la loro Terra per trovare fortuna: non lasciatevi rubare la speranza, questo lo slogan con il quale spesso il Papa si rivolge a tutti i giovani e che abbiamo sentito ripetere anche ieri; per pronunciare una parola forte di condanna verso ogni sopruso e violenza. Molti si aspettavano che Papa Francesco pronunciasse parole chiare contro gli ‘ndranghetisti e non sono stati delusi. Quelle di ieri sotto il sole della pianura di Sibari, sono state parole davvero infuocate dalla grazia. Non era semplice accostare la Solennità del Corpus Domini a questo male radicale che ammorba la nostra Terra.

Il Papa lo ha fatto ricordando ciò che contraddistingue i cristiani: “quello di essere un popolo che adora il Signore e contemporaneamente un popolo che cammina“. Chi non adora Dio spesso si piega ad adorare gli idoli ed il più importante di tutti è il denaro, “tutti coloro che appartengo alle associazioni mafiose sono adoratori del male come lo sono coloro che vivono di malaffare di violenza. La ‘ndrangheta é questo: adoratori del male e disprezzo bene comune. Questo male va combattuto e coloro che nella loro vita intraprendono questa strada di violenza non sono in comunione con Dio perciò sono scomunicati“.

Queste parole esprimono in maniera chiara, semplice ed inconfutabile la non conciliabilità tra l’apparenza alle associazioni mafiose ad alla Chiesa. La scomunica pronunciata da Papa Francesco è importante perché offre ai Vescovi ed ai sacerdoti calabresi una spinta in più per rintracciare quei percorsi pastorali condivisi in tutte le Diocesi calabresi che al di là dei pronunciamenti, che pure in questi anni non sono mancati, sono a questo punto davvero improcrastinabili.

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