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Mattarella Si, Renzi NO: la trivella a chi la do, la do al lupo nero e inquino il mondo intero

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Piattaforma petrolifera in mare
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Ancora una volta la politica italiana è divisa ma questa volta sul futuro del mare, dell’ambiente e, perchè no, sul futuro delle energie rinnovabili. Matteo Renzi, evidentemente dimentico di essere Presidente del Consiglio dei Ministri, contraddice ogni regola conquistata dalla Costituzione e invita a disertare il voto. Ma la gente inizia a capire, anche grazie alla rete e ai social network, che continuare a trivellare il mare ha un costo troppo alto per l’ambiente e per il futuro del genere umano che dal mare ne trae sostentamento.

Proprio stamattina su Facebook l’On. Roberto Occhiuto (FI-PDL) della Commissione Parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle mafie, analizzando la questione relativa ai mari della Calabria, ha dichiarato che voterà “SI” perché non può esistere compatibilità tra una regione la cui economia di oggi e di domani si basa sul mare e sul turismo, se si deturpano Ambiente, Paesaggio e Territorio trivellando i mari per distruggere un capitale ambientale così esclusivo e indispensabile per tutti.

Si, no, resto a casa o vado al mare: mai come al referendum sulle trivellazioni entro le 12 miglia di domani le tre possibili posizioni riguardo alla consultazione referendaria sono rappresentate. Il governo punta al non raggiungimento del quorum invitando gli elettori ad astenersi ma le posizioni sia nel Consiglio dei ministri che nella maggioranza sono molto variegate. A scompigliare le carte al premier per cui è “inutile” andare a votare ci si è messo il presidente della Corte Costituzionale, Paolo Grossi, con la sua esortazione, senza tanti giri di parole, a partecipare al voto: “Al referendum si deve votare, nel modo in cui ogni cittadino crede di votare, ma si deve partecipare al voto”. Alfieri della partecipazione i presidenti di Camera e Senato.

Per Laura Boldrini “dobbiamo incrementare la partecipazione e non scoraggiarla, tanto più in un tempo in cui c’è molto disamore. Poi uno vota quello che vuole ma il diritto-dovere di votare è una grande opportunità che non va persa”. Della stessa opinione Pietro Grasso secondo il quale il referendum “è uno strumento popolare, democratico, costituzionale. Quindi io certamente io parteciperò alla votazione”. Sulla stessa linea, nonostante non ci sia ancora una conferma ufficiale, anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in linea con la tradizione seguita dai suoi predecessori al Colle: sempre presenti alle urne per qualsiasi consultazione. Regola aurea sempre rispettata anche da Giorgio Napolitano nei suoi quasi due settennati al Quirinale che però, stavolta, ha espresso forti riserve sulla consistenza del ricorso al referendum considerato “pretestuoso” perché “non si possono dare significati simbolici a un referendum”. Insomma, ha spiegato, “se la Costituzione prevede che la non partecipazione della maggioranza degli aventi diritto sia causa di nullità, non andare a votare è un modo di esprimersi sull’inconsistenza dell’iniziativa referendaria”. Punto interrogativo, quindi, sulla partecipazione di Napolitano, che peraltro ha anche impegni a Londra.

Il premier Matteo Renzi e la maggioranza dei Dem sono scesi in campo a favore dell’astensione. Una posizione condivisa da gran parte dei ministri. “Seguo le indicazioni del mio partito” ha tagliato corto il ministro Maria Elena Boschi mentre Beatrice Lorenzin ha rivendicato che “il non voto è una scelta politica”. Pronti a disertare le urne domenica anche i ministri Graziano Delrio e Dario Franceschini insieme ai sottosegretari Luca Lotti e Claudio De Vincenti. Andrà, invece, a votare e voterà no il ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti. In prima fila nella campagna per il sì al referendum M5S, Lega Nord e Sinistra italiana. Beppe Grillo ha detto senza mezzi termini che “l’unica cosa da fare è andare a votare sì, sulla fiducia”, visto che “non si capisce bene, la gente non lo capirà” ma “l’energia è una questione culturale.

Non si tratta di tivelle sì, trivelle no… Dobbiamo chiederci che tipo di società vogliamo entro 30-40 anni”. Il segretario della Lega Nord Matteo Salvini ha spiegato, invece, che il 17 aprile gli italiani devono andare a votare “sì” al referendum sulle trivelle “per difendere il nostro territorio” mentre Sinistra italiana con il coordinatore nazionale Nicola Fratoianni ha detto che “nonostante le ‘furbizie’ del presidente del consiglio per boicottare l’appuntamento referendario, bisogna andare a votare e votare si per dire basta alle lobby del petrolio, e agli ‘amici degli amici'”. Caso diverso per la Sinistradem e Forza Italia a favore della partecipazione al referendum ma con posizioni divise al loro interno tra favorevoli e contrari. Silvio Berlusconi non si è espresso ma con molta probabilità, come Renzi, non voterà: dovrebbe venire a Roma dove ha la residenza. “Non risultano spostamenti nella capitale del presidente”, rispondono dal suo staff.

Il capogruppo alla Camera degli azzurri Renato Brunetta, personalmente schierato per il no, è impegnato da giorni nell’appello alla partecipazione al voto che assume nelle sue intenzioni un valore squisitamente politico: “Votate sì, votate no ma andate a votare per raggiungere il quorum e mandare a casa Renzi” ha twittato. A favore del sì si è invece espresso il consigliere politico di Silvio Berlusconi e presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, capofila di una sorta di partito dei governatori che in difesa del territorio è compatto sul sì: un ‘partito’ trasversale che va da Toti, appunto, fino a Luca Zaia (Lega) presidente del Veneto, a Michele Emiliano (Pd) presidente della Puglia, Luca Ceriscioli (Pd) alla guida delle Marche. Sul fronte dem ci sono quelli che si distinguono dalla linea del premier e della maggioranza a favore dell’astensionismo e che a votare ci andranno eccome.E voteranno no: tra questi l’ex segretario del Pd Pierluigi Bersani, gli ex premier Massimo D’Alema e Romano Prodi.

Schieratissimo per il sì, invece, Roberto Speranza della minoranza dem convinto che “la scelta giusta sia andare a votare”. “Personalmente – ha annunciato – voterò sì per accelerare il processo di conversione dal fossile all’energia verde. Sono convinto che saremo in tanti a recarci alle urne e che domenica sarà una bellissima giornata di partecipazione democratica”. Speranza ha anche scritto una lettera ai militanti invitandoli a “correggere gli errori dei dirigenti”. Particolare anche la dinamica interna a Scelta civica, partito con molti imprenditori ‘prestati’ alla politica: lo strumento referendario viene considerato inutile per risolvere la materia ma la risposta ai quesiti è no anche per una preoccupazione, si spiega, sulle conseguenze occupazionali. Il vice ministro all’Economia Enrico Zanetti alla fine ha deciso di andare a votare “ma lo faccio con entusiasmo pari allo zero: confesso – ha detto – che se non sentissi il peso del mio ruolo istituzionale, sarei più distratto. Questo è un referendum inutile, che ha un contenuto vicino allo zero, sostanzialmente”. L’ex ministro all’Agricoltura Mario Catania, invece, propende per il sì al referendum e insieme al leader di Possibile Pippo Civati ha firmato un’interrogazione al ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti perché vengano sottoposte a valutazione di impatto ambientale anche le piattaforme costruite prima del 1986.

Infine Ap che registra due posizioni come ha spiegato il capogruppo alla Camera Maurizio Lupi: astensione o votare no. La vice presidente del Senato Laura Bianconi ha sottolineato che non andrà a votare a un referendum “che rischia solo di avere ricadute negative sull’occupazione, nello sciagurato caso che a vincere fossero sì”. Ma c’è un’eccezione. L’ex presidente del Senato Renato Schifani è orientato a votare sì: ha infatti spiegato di volersi esprimere “secondo coscienza” aggiungendo di aver già chiesto mesi fa lumi al governo sulle concessioni per le trivellazioni in mare senza però aver ottenuto alcuna risposta. Veronica Passeri ASCA

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