a cura di Pietro Stilo Università Mediterranea di Reggio Calabria/
Il 23 settembre ricorreva l’anniversario dei 100 anni della nascita di Aldo Moro, uno dei più importanti protagonisti della storia repubblicana, la cui azione ed attività politica e di uomo di governo, spesso viene oscurata dai tragici eventi che vanno dal rapimento fino alla sua morte per mano delle Brigate Rosse. La sua opera passa dunque nell’immaginario collettivo in secondo piano rispetto a quei tragici eventi che hanno segnato la sua esistenza e la storia del nostro paese; eventi oscuri che hanno cristallizzato il nome di Aldo Moro con il rapimento ed il suo drammatico epilogo.
Aldo Moro persona di grandi qualità umane e politiche, al quale tutti sempre, hanno riconosciuto senso dello Stato e delle istituzioni e grande equilibrio nel gestire le situazioni che gli si presentavano nei vari ruoli che ha ricoperto (membro della Costituente, Segretario e Presidente Democrazia Cristiana, Ministro della Pubblica Istruzione, di Grazia e Giustizia e degli Esteri, da Presidente del Consiglio dei Ministri per ben cinque volte. Fu anche professore di diritto all’università, ma la sua attività politica lo assorbì sin da giovane, dapprima nei movimenti giovanili cattolici poi nell’Assemblea Costituente. Nel 1948 venne eletto deputato assumendo proprio l’incarico di Sottosegretario agli Affari Esteri. Incarico che proseguì dal 1969 al 1974 come Ministro degli Affari Esteri. Durante tale periodo si occupò di Europa, relazioni atlantiche e soprattutto di Mediterraneo, a tal proposito, celebre è la sua frase: “Nessuno è chiamato a scegliere tra l’essere in Europa ed essere nel Mediterraneo, poiché l’Europa intera è nel Mediterraneo”.
Un ragionamento importante che sintetizza come Aldo Moro interpretava la dimensione europea e la politica estera italiana “immersa nel Mediterraneo”. Uno scenario quello mediterraneo che aveva conosciuto una evoluzione molto forte con il passaggio di numerosi paesi da coloniali a post-coloniali, attraverso il fenomeno della Decolonizzazione, durato circa un ventennio (dai primi anni ’50 fino alla metà degli anni ’70). Aldo Moro prese atto, dei cambiamenti di un mondo arabo intriso di nazionalismo panarabo e che cominciava ad essere consapevole del suo ruolo nel mondo, in particolare attraverso la vendita di idrocarburi, riconoscendo la necessità che l’Italia aveva ed ha necessità di approvvigionamenti dall’estero. Un periodo di grandi cambiamenti per le due sponde del Mediterraneo, quella nord si incamminava verso la pacificazione comunitaria (in quegli anni nascono i primi embrioni di quella che diventerà l’UE), dopo essere stata teatro di 2 Guerre Mondiali; quella sud invece cominciava un difficile cammino verso l’indipendenza coloniale, l’autoaffermazione e la pari dignità con le altre nazioni.
Aldo Moro avviò un nuovo modo di fare politica estera, una politica che guardava oltre gli “steccati” e oltre l’interesse degli Stati sovrani; una politica ispirata forse dal suo essere cattolico e democratico, che guardava alla gente, alla volontà popolare, ai diritti umani ed alle libertà dell’individuo in quanto tale.
Erano anni difficili quelli in cui Moro si occupava di politica estera, sul suo tavolo di Ministro c’erano numerosi dossier a partire da quello spinoso sulla Libia di Muammar Gheddafi, giovane colonnello dell’esercito libico, che ispirandosi alla rivoluzione di Nasser in Egitto aveva preso il potere nella Libia di Re Idris, un paese molto importante per gli interessi italiani non solo per i legami coloniali, ma anche per le sue risorse energetiche e per la presenza di circa 20 mila nostri connazionali. Erano anche gli anni delle proteste studentesche in tutta Europa, delle donne e degli operai che rivendicavano i loro diritti, gli anni della guerra in Vietnam, dell’occupazione della Cecoslovacchia da parte dei sovietici, della Guerra dello Yom Kippur, della crisi petrolifera, della fase più acuta della Guerra Fredda, della fine del Gold Standard (1973), nei quali la Cina viene ammessa all’ONU e tanto altro ancora. Erano gli anni del cosiddetto “Lodo Moro”, una forte distensione ed apertura verso i paesi arabi, pur continuando i rapporti di stretta collaborazione con gli Usa e Israele.
Tale politica ebbe i suoi momenti più alti quando Moro contribuì al successo della Conferenza di Helsinki del 1975, durante la quale sia nella preparazione che durante i lavori e la fase finale, egli svolse un’opera importante per la pace e la cooperazione tra i popoli e nello stesso anno quando da Presidente del Consiglio dei Ministri firma il Trattato di Osimo con il quale si mette fine all’annosa questione dei rapporti con la Jugoslavia di Tito.
Insomma Aldo Moro gestì la politica estera italiana in anni difficili, ma lo seppe fare con grande abilità nonostante le critiche subite da importanti analisti e suoi colleghi tra cui il più famoso sicuramente è Henry Kissinger, che criticò la sua apertura verso l’URSS, opera che gli venne riconosciuta molti anni dopo dal suo omologo russo di quegli anni Andrej Gromyco nelle sue memorie.
Un Aldo Moro insomma, grande protagonista del novecento, da studiare e conoscere ben oltre la sua tragica vicenda umana e politica. Aspetti importanti a mio avviso, da ricordare soprattutto adesso, nell’anno del suo anniversario, in un epoca in cui oggi più che mai, avremmo bisogno di personaggi con la sua capacità di intellegere ed interpretare gli eventi.