A cura di Fabio Gallo/
I Complimenti della nostra Testata alla politica italiana e in modo assai speciale a quella calabrese, per la leadership indiscussa nella scala dei valori di Istat in merito alla povertà dei Cittadini che in Calabria ha raggiunto la vetta del 28,2%. Oltre 1/4 dei Calabresi vive in una situazione più che critica e di estrema povertà, eppure la Calabria è tra le regioni meglio posizionate nel Mediterraneo, dalle potenzialità economiche esclusive da leader europei e con vagonate di fondi che da decenni arrivano per rimbalzare e tornare, quando va bene e non vengono investiti con risvolti di gravi indagini della Magistratura, nelle casse dell’Europa. In concreto, politica docet, sono i fatti che devono essere giudicati e sconti è impossibile farne quando i dati mostrano uno sfregio permanente all’umanità che compone una delle più belle regioni d’Italia. In Calabria c’è un problema molto serio la cui soluzione è improcastinabile: si chiama corruzione. Recentemente le dichiarazioni del Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri hanno fatto il giro del mondo per la loro durezza: in Calabria ci sono Direttori Generali che governano da oltre 20 anni e lo fanno con metodi mafiosi. Certo è che un Magistrato di tale dimensione professionale non rilascerebbe pensieri scollegati dal sapere giudiziario. Ma il Procuratore non indica solo il male che frena lo sviluppo della Calabria e indica la terapia quando dice che il livello culturale di questi Dirigenti e di parte della politica è così basso da non consentire sviluppo in armonia con i tempi e le reali necessità. Oggi Istat tuona e le parole di Gratteri sembrano essere l’analisi del sangue della Calabria i cui dati indicano una regione morente. Dunque è necessaria una rivoluzione culturale, un salto generazionale, un passaggio di testimone ai giovani, alle loro idee, al loro intuito tanto innovativo quanto rispettoso della tradizione. La Calabria può ma deve volerlo.
I DATI DI ISTAT A CURA DI ASCA
Aumenta l’esercito degli italiani che vivono in condizioni di povertà assoluta. Secondo il report dell’Istat nel 2015 si stima che 4 milioni e 598 mila individui siano in condizioni di povertà assoluta ed è il numero più alto dal 2005. La povertà colpisce soprattutto le famiglie numerose. Quasi un terzo dei nuclei familiari con 5 o più componenti rientra nella condizione di povertà relativa. E la povertà continua a crescere in modo rilevante tra i giovani mentre resta stabile tra gli anziani. Le famiglie residenti in condizione di povertà assoluta invece sono 1 milione e 582 mila.
Nel Mezzogiorno, alla più ampia diffusione della povertà si associa la maggiore gravità del fenomeno; la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere è pari a 785,75 euro, contro 804,23 euro rilevati nel 2014, l’intensità è salita da 22,8 a 25,2%. Nel Nord e nel Centro, dove la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere è più elevata (841,64 e 853,11 euro rispettivamente), l’intensità è in leggero calo, da 21,5% a 19,9% e da 19,8% a 18,8%. Nel dettaglio territoriale, Lombardia (4,6%), Emilia Romagna (4,8), Veneto (4,9%) e Toscana (5,0%) presentano i valori più bassi dell’incidenza di povertà relativa. Ad eccezione dell’Abruzzo (11,2%), che mostra un valore dell’incidenza non statisticamente diverso dalla media nazionale, in tutte le regioni del Mezzogiorno la povertà è più diffusa rispetto al resto del Paese; le situazioni più gravi si osservano tra le famiglie residenti in Calabria (28,2%) e Sicilia (25,3%).
“L’incidenza della povertà assoluta – si legge nel rapporto – si mantiene sostanzialmente stabile sui livelli stimati negli ultimi tre anni per le famiglie, con variazioni annuali statisticamente non significative (6,1% delle famiglie residenti nel 2015, 5,7% nel 2014, 6,3% nel 2013)”. Cresce invece se misurata in termini di persone (7,6% della popolazione residente nel 2015, 6,8% nel 2014 e 7,3% nel 2013). Questo andamento nel corso dell’ultimo anno si deve principalmente all’aumento della condizione di povertà assoluta tra le famiglie con 4 componenti (da 6,7 del 2014 a 9,5%), soprattutto coppie con 2 figli (da 5,9 a 8,6%) e tra le famiglie di soli stranieri (da 23,4 a 28,3%), in media più numerose. Situazione analoga anche per quanto riguarda la povertà relativa che risulta stabile in termini di famiglie (2 milioni 678 mila, pari al 10,4% delle famiglie residenti dal 10,3% del 2014) mentre aumenta in termini di persone (8 milioni 307 mila, pari al 13,7% delle persone residenti dal 12,9% del 2014). Analogamente a quanto accaduto per la povertà assoluta, nel 2015 la povertà relativa è più diffusa tra le famiglie numerose, in particolare tra quelle con 4 componenti (da 14,9 del 2014 a 16,6%,) o 5 e più (da 28,0 a 31,1%).
Altro fenomeno che emerge dal rapporto è la crescita della povertà nelle fasce dei più giovani.Tra le persone coinvolte 2 milioni 277 mila sono donne (7,3% l’incidenza), 1 milione 131 mila sono minori (10,9%), 1 milione 13 mila hanno un’età compresa tra 18 e 34 anni (9,9%) e 538 mila sono anziani (4,1%). Un minore su dieci, quindi, nel 2015 si trova in povertà assoluta (3,9% nel 2005). Negli ultimi dieci anni l’incidenza del fenomeno è rimasta stabile tra gli anziani (4,5% nel 2005) mentre ha continuato a crescere nella popolazione tra i 18 e i 34 anni di età (9,9%, più che triplicata rispetto al 3,1% del 2005) e in quella tra i 35 e i 64 anni (7,2% dal 2,7% nel 2005). A livello territoriale è il Mezzogiorno a registrare i valori più elevati di povertà assoluta (9,1% di famiglie, 10,0% di persone) e il Centro quelli più bassi (4,2% di famiglie, 5,6% di persone). Deciso ampliamento della povertà nelle regioni del Nord, dal 4,2% al 5%.
La povertà assoluta risulta contenuta tra le famiglie di soli italiani (4,4%) mentre si attesta su valori molto più elevati tra quelle con componenti stranieri: 14,1% per le miste, 28,3% per le famiglie di soli stranieri; in quest’ultimo caso si passa dal 23,4% del 2014 al 28,3% del 2015, con margini più accentuati nel Nord (dal 24% al 32,1%). L’intensità della povertà l’anno scorso è risultata pari al 23,1% e corrisponde a una spesa media equivalente delle famiglie povere pari a 808,36 euro mensili; nel 2014 era di 811,31 euro mensili (22,1%).