di Alessandro Corneli /grrg.eu
Matteo Renzi ha provato a prendere le distanze da Giorgio Napolitano, affermando che il suo è “un governo politico” che, quindi, risponde al Parlamento e non al presidente della Repubblica. Napolitano lo ha lasciato un po’ fare, poi è passato alla controffensiva. Con il discorso al Parlamento europeo, ha esteso la sua supervisione alla politica estera; con la presenza all’inaugurazione della Scuola di formazione, ha fatto lo stesso con i Servizi d’intelligence. Infine, affermando che, prima di promulgarla, esaminerà con grande attenzione la legge elettorale che uscirà dal Parlamento, ha lanciato un segnale al Senato, dove approderà il testo dopo l’approvazione della Camera, a non avere remore nel suo esame, riducendo in tal modo la capacità di manovra del presidente del Consiglio che si muove tra le due maggioranza, quella di governo (con Alfano) e quella per le riforme (con Berlusconi).
Per come è stata finora costruita, la nuova legge elettorale presenta il fianco a molte critiche e il Senato, di cui Renzi ha spavaldamente annunciato la fine, non avrà pietà. Infatti si respira già l’aria di una generale controffensiva delle forze conservatrici, di quelle che non vogliono il cambiamento e che vedono in Napolitano il loro punto di riferimento. È infatti difficile immaginare che il Capo dello Stato avalli la riduzione del Senato a una proiezione dei poteri regionali e delle città metropolitane. L’augusta assemblea potrà perdere qualche potere, per esempio quello di concedere la fiducia al governo, ma certo non diventerà un luogo dove periodicamente si incontrano i presidenti delle Regioni (che in teoria saranno depotenziati da una riforma del Titolo V) e i sindaci delle città metropolitane, tutti impegnati o a difendere il controllo sulle risorse prodotte nel rispettivo territorio o a chiedere risorse aggiuntive.
C’è poi, sotto traccia, un problema non secondario: quanti senatori si precipiteranno nelle liste perla Camera? Che ne sarà dei senatori a vita? I senatori “morituri” e tutta l’alta burocrazia guardano a Napolitano per proteggere i loro privilegi contro la furia iconoclasta di Renzi, che sembra già indotto a più miti consigli. Anche i sindacati non vogliono essere emarginati: vogliono il “tavolo”. Della scuola, che Renzi riduce alla manutenzione edilizia, non importa nulla a nessuno.
Dobbiamo constatare che la famosa “società civile”, che dovrebbe fare lo “scatto”, non risponde: Renzi non ha dato la “scossa”. La sua fulminea ascesa è stata guardata come una gara sportiva: e agli Italiani, si sa, lo sport piace guardarlo in televisione. Tanto che Renzi sembra già rassegnato a riproporre la politica degli aiuti “a pioggia”: un po’ per i consumi, un po’ per le imprese, un po’ per le banche (Irpef, Irap e saldo debiti della PA).
L’alleanza con Berlusconi sulla riforma della legge elettorale gli viene fatta pesare sempre più e i suoi margini di manovra si restringono. Viene apprezzata solo la sua offensiva contro il M5S, il quale, del resto, si muove male. Anche se potrebbe esserci un colpo di scena: un’alleanza del movimento grillino con la Lega e, addirittura, con Fratelli d’Italia in chiave anti-europea, ma finché non ci sono le elezioni, questo conta poco.
Ovviamente aspettiamo il consiglio dei Ministri di mercoledì per verificare la portata delle prime misure concrete del governo Renzi. Ma, a quanto pare, non ha un economista, un costituzionalista, un esperto di burocrazia e amministrazione pubblica, un esperto di questioni estere e militari: tutti di sua fiducia e che siano veramente competenti, in grado di tenere testa ai grandi burocrati italiani e stranieri.
Il Capo dello Stato gli ha preso le misure: se si comporterà bene, sopravviverà per un po’ di tempo, ma sembra chiaro che il Capo dello Stato aspetta che fallisca, portandosi via tutta la retorica del giovanilismo e della rottamazione. Allora, con gli Italiani esausti, verrà chiamato l’uomo forte che ha in serbo, Giuliano Amato, prima come capo del Governo per prendere misure lacrime e sangue, poi per succedergli al Quirinale.