di Alessandro Corneli /grrg.eu
Come previsto, il Senato ha deciso la decadenza di Silvio Berlusconi da senatore. Già da tempo era in corso una operazione politico-culturale (meglio dire: politico-mediatica) di estrapolazione di Berlusconi dalla storia italiana, presentandolo come figura anomala, in perfetto parallelismo con la tesi politico-storiografica del ventennio fascista come “parentesi” nella storia d’Italia.
La tesi della parentesi, benché sostenuta con argomenti “alti” da Benedetto Croce, è stata poi usata, con argomenti di ben più basso livello, da tutti coloro che volevano prendere le distanze dal fascismo, come (alcuni esuli a parte) fossero vissuti su un altro pianeta. I “normali” prendono le distante dagli “anomali”.
L’anomalia di Berlusconi è stata presentata come fondata sul fatto che possedesse tre televisioni, che non gli hanno impedito di perdere due elezioni e mezzo, che fosse pluri-inquisito (questo prima di una condanna definitiva). Si aggiunsero altri elementi: primo tra tutti, che a votarlo fossero in prevalenza le “casalinghe che guardano la tv (di Berlusconi)”, come se negli altri Paesi (avanzati e democratici) la massa fosse impegnata a seguire History Channel e i documentari della BBC. Si è parlato delle origini “oscure” della ricchezza di Berlusconi, come se non fosse noto che molti, tra i grandi capitalisti degli ultimi cento o centocinquanta anni, fossero agli inizi dei tipi poco raccomandabili (vedi il celebre volume “I baroni ladri” di Matthew Josephson ) e non fossero collusi con i poteri politici, la polizia, la magistratura. Si pensi a come costruì la sua fortuna economica il padre di John Kennedy e al semplice fatto che la vittoria si questo alle elezioni presidenziali del 1960 fu decisa dai voti della mafia dell’Illinois. Anche in Italia molte grandi fortune economiche sono nate grazie agli appoggi politici, e molte fortune politiche sono state agevolate da potenti gruppi economici di cui hanno servito gli interessi.
Dato e non concesso che la parabola politica di Berlusconi sia finita, il peggio che si possa sostenere – come di fatto si sostiene – è che egli sia stato un’anomalia nella storia della Repubblica italiana, o più in generale nella storia d’Italia. Dico “il peggio” perché si sostituisce una menzogna alla verità e sulla menzogna non si costruisce alcunché di duraturo.
Se poi si ammette che la democrazia si fonda sul principio “una testa, un voto”, è innegabile che Berlusconi abbia attirato sempre milioni di voti. Distinguere tra voti intelligenti e voti stupidi non è ammesso in democrazia.
Il problema-Berlusconi è un altro. È la mancata realizzazione (nemmeno tentata) di un programma politico organico per rimuovere gli handicap che avevano portato a fondo l’Italia già nel 1992. Che non avesse chiari i nodi che avrebbe dovuto sciogliere, è evidente. Ma che non avesse creato intorno a sé una squadra in grado di individuarli e di prospettare delle soluzioni, questo sì che è grave. Ma ciò che è decisivo è il fatto che siano emerse, comunque, forze sufficientemente potenti orientate alla conservazione di quei nodi, ben decise ad evitare che fossero denunziati e in qualche modo, anche grossolano, intaccati. Intorno a Berlusconi si è creata una forza politica (e un’alleanza) ben decisa a non cambiare nulla. E lui, il capo, non ha mai dato l’impressione di sapere/volere che cosa e dove incidere. Indipendentemente dal fatto che l’assalto giudiziario lo ha oggettivamente obbligato a concentrarsi sulla propria difesa.
Egli è rimasto vittima di un sistema votato alla conservazione a tutti i costi, anche al costo di vedere impoverire e indebolirsi l’Italia. La controprova arriva dai governi Monti e Letta che, nati sulla grande promessa di fare le grandi riforme (non fatte da Berlusconi), si sono rapidamente adeguati alla gestione della quotidianità, nel frattempo diventata sempre più difficile. Le forze pre e post-berlusconiane hanno ripreso il potere e un Paese nelle stesse condizioni in cui l’avevano lasciato nel 1992, cioè sull’orlo di un baratro.
Se, per ipotesi, volessimo attribuire a Berlusconi il possesso di una visione politica innovativa e funzionale agli interessi dell’Italia, dovremmo comunque ammettere che una tale visione avrebbe dovuto essere condivisa dalle persone che si era messo intorno. Sotto questo aspetto, si deve dire che non ha saputo scegliere. E poiché ogni grande condottiero fonda i suoi successi su un eccellente Stato maggiore, la mancanza di questo è stato il vero punto debole, e decisivo, di Berlusconi.
Perciò Berlusconi non è un’anomalia nella storia d’Italia. E’ stato espressione del sistema-Italia che ha imposto la propria regola della difesa a ogni costo dei privilegi, contro qualsiasi tentativo di cambiamento anche se auspicato dagli elettori.