A cura di Giovanni Borrelli – Avvocato del Foro di Roma – “Lo spiacevole episodio che ha visto come vittima un bambino di soli dieci anni, oggetto di violenza fisica e soprattutto psicologica, da parte di presunti educatori che hanno dimostrato di nulla conoscere di psichiatria infantile, fa riemergere la impellente necessità , come più volte esposto, che i minori che vengono contesi da genitori obnubilati dal reciproco risentimento, debbano essere tutelati da un difensore preposto a far valere soprattutto i loro diritti e le loro esigenze, anche se spiacevoli per i genitori.
Adottare, invece, sistemi coercitivi così indegni per soddisfare le richieste anche se affettive di un genitore rispetto all’altro, senza tenere conto dei traumi che l’atto violento può provocare nella psiche di un bambino, che si vede stralciato non solo dalla madre ma anche dalla scuola e dagli amici, costituisce gravissima colpa e soprattutto evidenzia il fallimento di quei mezzi di terapia psichici che debbono essere attuati da chi è preposto a tali incarichi così delicati.
Si sarebbe quindi, dovuto preliminarmente, ascoltare le aspettative del minore ma soprattutto era indispensabile far capire ai genitori quale danno stessero arrecando al proprio figlio , che dicono di amare, stimolandoli ad elevarsi a coppia genitoriale.
Circostanze tutte che, soprattutto il padre che esercita la professione di avvocato, avrebbe dovuto stimolare ed esigere dagli Organi Giudiziari preposti, rinunziando ad avvalersi di diritti coercitivi in quanto, se attuati, come di fatto è avvenuto, avrebbero assunto la negativa valenza di costituire solo ritorsioni punitive per il coniuge, con l’effetto principale di far subire un forte choc al bambino, come purtroppo è accaduto”.