Roma, 27 giu. (askanews) – E’ un tentativo di “reconquista” quello lanciato oggi dalle minoranze Pd. L’ala bersaniana e quella cuperlian-dalemiana provano a mettere da parte le reciproche diffidenze per provare a riprendere il partito dalle mani di quel Matteo Renzi che sempre più viene visto come un intruso, una specie di invasore appunto come i sultani musulmani che dominarono il sud della Spagna nel Medioevo. La convinzione è che le ultime amministrative abbiano segnato una svolta, “il progetto del partito della nazione è fallito”, è il giudizio comune, e per questo bisogna cogliere l’occasione per preparare la rivincita. La ricomposizione delle minoranze non è ancora una realtà, ma la presenza di Gianni Cuperlo – all’incontro organizzato a Roma da Roberto Speranza – è un segnale e l’obiettivo è di serrare le file dopo l’estate, per poi lanciare un affondo contro il doppio ruolo di Renzi, contemporaneamente segretario e premier.
All’incontro c’è tutta l’area bersaniana, perlomeno quella che ha scelto la linea dura non votando la fiducia all’Italicum. c’è soprattutto Pier Luigi Bersani, che però lascia la scena a Speranza. Ma, appunto, c’è anche Cuperlo, che chiede di superare gli “steccati” e propone “una grande assemblea in autunno”. Appello ovviamente raccolto da Speranza: “Non ci perderemo di vista. Dico da subito sì, parteciperò alle prossime iniziative che si faranno nel prossimo mese di luglio e in autunno dovremo immaginare un nuovo appuntamento largo”.
L’analisi di partenza, del resto, è comune: “C’è un pezzo del nostro elettorato, della nostra gente, che non si fida più e rischia di voltarci le spalle”, ha spiegato Speranza. Il riferimento è all’astensionismo delle ultime elezioni, a quella diserzione di massa di una fetta degli elettori di sinistra che Cuperlo ha ricordato ancora più esplicitamente: “Un milione, un milione e mezzo di elettori a questo Pd ha voltato le spalle, colpiti nell’orgoglio da scelte che il governo ha compiuto. Se qualcuno pensava che questo disegno potesse congelare i voti della sinistra – ‘tanto non hanno dove andare’ – e contemporaneamente sfondare dall’altra parte ha compiuto un errore di calcolo e di visione. Quella pessima lettura del partito della nazione si è spenta nelle urne”.
Chiacchierando a microfoni spenti, l’analisi è più completa: “La strategia della minoranza dell’ultimo anno ha pagato – spiega un esponente della minoranza – ora è chiaro che Renzi senza di noi non ce la fa, gli abbiamo dimostrato che con le sue politiche è facile convincere i nostri a stare a casa. Non accetteremo più forzature come sulla scuola”. E proprio Speranza ha aggiunto: “Matteo, sbagli: se parli male della sinistra, stai segando il ramo su cui sei seduto e prima o poi vincerà la destra. Il Pd senza sinistra non può esistere”.
Insomma, Renzi si renda conto che deve trattare. Non a caso Speranza parte ricordando l’elezione di Sergio Mattarella, avvenuta grazie all’unità del Pd: “Quello – ha aggiunto – è stato il momento più bello, il migliore del Pd. Il momento in cui insieme abbiamo saputo essere all’altezza della sfida che la storia affida al Pd”. Concetto ripetuto da Guglielmo Epifani: “Il risultato delle Europee è stato un vero capolavoro, Renzi ebbe quel risultato tenendo assieme tre grandi spinte: al rinnovamento radicale, il no ai populismi e agli estremismi e contemporaneamente una risposta a una parte del nostro mondo, gli 80 euro, per quanto non risolutiva”.
La scelta di “dividere” attribuita a Renzi, invece, non funziona, secondo la minoranza Pd. “Nell’astensione – ha aggiunto Epifani – è andata una parte del nostro mondo che non si è riconosciuta in alcune delle scelte politiche del governo Renzi: abbiamo pagato e continueremo a pagare la vicenda della scuola, quella cosa esagerata che è stato il Jobs act”.
Nel mirino anche l’altra minoranza, quella ‘governativa’ che fa capo a Maurizio Martina, Cesare Damiano, Enzo Amendola, che ha scelto di votare la fiducia sull’Italicum. Speranza li ha chiamati “renziani dell’ultima ora” e dice: “Noi ci teniamo la nostra coerenza”. Cuperlo è stato persino più tagliente, sferza quelli che fanno “da stampella” a Renzi: “Chi sceglie questa via – e non ce ne sono in questa sala – puntellare la strategia di quest’ultimo anno, levigare lo spigolo, mettere a posto il mobilio, a mio avviso sceglie la strada sbagliata. Perdente e sbagliata”.
Deve cambiare l’Italicum, chiedono tutti, e se non cambia quello deve almeno tornare elettivo il Senato. Ma, soprattutto, c’è l’offensiva sul partito da avviare. Questa non viene esplicitata dal palco, ma è raccontata sottovoce: “E’ il doppio incarico di Renzi che non regge più. Su questo apriremo una discussione dopo l’estate, non può fare il segretario e il premier. Il partito può anche andare a un renziano, non chiediamo che sia uno dei nostri. Per ora”.