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Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella all’EXPO 2015

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“Nutrire il pianeta” è la sfida epocale che l’umanità ha di fronte. Nutrire vuol dire assicurare finalmente il diritto al cibo e all’acqua per tutti gli abitanti della Terra. Ma vuol dire anche restituire alla terra e, dunque, ai nostri figli e alle generazioni successive, quell’energia della vita che ogni giorno prendiamo in prestito e che non dobbiamo più consumare rischiando di distruggerla, come purtroppo è accaduto negli ultimi decenni.

L’Esposizione Universale di Milano è, anche per questo, il luogo migliore dove celebrare quest’anno la Giornata Mondiale dell’Ambiente, promossa dalle Nazioni Unite.
C’è un legame sempre più stringente tra l’alimentazione sana, sicura, sufficiente e la tutela dell’ambiente con i suoi delicati equilibri, così vitali. I “sette miliardi di sogni” da condividere in un solo pianeta – che migliaia di cittadini, e, in particolare, di giovani, hanno opportunamente suggerito come tema della Giornata Mondiale – compongono la nuova frontiera del progresso sociale e dello sviluppo economico.

Oggi la sostenibilità è condizione stessa della pace, non meno di quanto lo siano la giustizia, la cooperazione tra i popoli, il rispetto dei diritti fondamentali della persona.
E’ giusto parlare di “sogni”. Purché siano sogni ad occhi aperti. In gioco ci sono le nostre responsabilità. Personali e collettive.

Non possiamo, non vogliamo arrenderci all’inerzia di sovrastrutture impersonali che determinano uno sfruttamento delle risorse naturali superiore alla loro capacità di rigenerazione, che allargano gli squilibri e le disuguaglianze, che creano fratture nelle società, tra i territori, tra i popoli.

Dobbiamo rispondere alla domanda se l’umanità sia ancora capace di essere artefice positiva del proprio destino. Perché a questo punto della storia dare cibo e acqua a tutti, e assicurare un futuro all’ambiente, non è più scontato.

Richiede intelligenza, coesione sociale, impegno culturale.

Richiede idee innovative, tecnologie avanzate.

Richiede il protagonismo dei giovani.

E richiede forti decisioni, anche perché i poteri regolatori spesso sovrastano gli stessi governi nazionali.

L’Esposizione di Milano è un’opportunità; e una sfida per tutti. Anzitutto per il nostro Paese, che ha messo la propria ospitalità e la propria capacità organizzativa a servizio di un grande progetto. E noi contiamo che il dialogo produca un contagio positivo.

L’universalità dei temi proposti dall’Expo sono ben sintetizzati nella Carta di Milano, la quale costituisce non soltanto una sintesi felice del confronto tra esperti, società civile e istituzioni, ma vuole essere anche un lascito concreto di questa manifestazione in vista dei prossimi importanti appuntamenti mondiali: la Conferenza di luglio ad Addis Abeba, sul finanziamento dello sviluppo, il vertice Onu di settembre, per definire la nuova Agenda mondiale dello sviluppo sostenibile, la Conferenza di dicembre a Parigi, sul clima.
Con una efficace espressione, il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha definito il 2015 come “l’anno della semina”.

Siamo orgogliosi che la nostra Esposizione sia parte di questa semina. E vogliamo che produca frutti importanti, a beneficio di tutti. La Carta di Milano ha un grande valore etico e politico. Indica obiettivi cruciali, chiede cambiamenti forti, lancia proposte ai governi e agli organismi internazionali, delinea impegni per i cittadini.

Speriamo che la firmino in molti.

Sotto la spinta degli Obiettivi del Millennio, fissati nella dichiarazione del 2000, è stato significativamente ridotto il tasso di denutrizione. Politiche di sviluppo mirate hanno ridimensionato in termini assoluti la povertà estrema. Tuttavia 800 milioni di persone soffrono ancora una fame cronica; 160 milioni di bambini sono malnutriti e hanno, di conseguenza, una crescita ritardata; due miliardi di esseri umani non dispongono di cibo sufficiente e sicuro mentre, quasi in contrapposizione, un numero analogo di abitanti del pianeta è sovrappeso o soffre di obesità.

Abbiamo molto da fare insieme. La Carta di Milano dichiara, in modo solenne, il diritto al cibo e all’acqua come diritti fondamentali, come rivelatori di un più generale diritto alla vita.

Il cibo è un grande patrimonio culturale. Il modo con cui coltiviamo la terra, ci procuriamo il cibo, lo distribuiamo, lo consumiamo definiscono le forme della nostra vita comune e disegnano persino il paesaggio. L’obiettivo di cancellare definitivamente la fame e la denutrizione dal mondo ci impone un salto nei rapporti politici, nell’organizzazione sociale, nella produzione industriale e agricola.

La nostra ambizione è che l’Expo aiuti la rincorsa per questo salto. Noi vogliamo far crescere la generazione “Fame zero”. E sappiamo che l’impegno educativo e culturale ha bisogno di grandi ideali.

Senza una grande motivazione ideale, senza una condivisione, non riusciremo a contrastare la povertà, non porremo argini al cambiamento climatico, non rispetteremo le biodiversità che arricchiscono e immettono energie vitali nel pianeta.

Il consumo responsabile e l’affermazione del diritto al cibo riguardano le politiche degli Stati, ma non solo queste. La sfida comincia da noi cittadini.

Abbiamo la facoltà di scegliere, e dunque premiare, beni prodotti in maniera rispettosa dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente. Da consumatori possiamo giocare un ruolo attivo, condizionando il mercato e non essendone soltanto condizionati. Così il patto di cittadinanza si arricchisce ulteriormente.

Certo, ai diritti corrispondono sempre dei doveri. E tra i nostri doveri c’è quello di ridurre gli sprechi. Non è tollerabile che ogni anno più di un miliardo di tonnellate di cibo si disperdano lungo la filiera alimentare. E’ possibile fare in modo che i prodotti invenduti, in prossimità della scadenza, vengano distribuiti tra chi ha bisogno e non ha reddito sufficiente. Lo spreco è un insulto alla società, al bene comune, all’economia del nostro come di ogni Paese. Alcuni progetti di solidarietà stanno dando risultati positivi. Occorre estenderli, valutando come intervenire con strumenti legislativi di sostegno.

Ridurre gli sprechi è un grande impegno pubblico, a cui possono partecipare da protagonisti la società civile organizzata, il volontariato, il no-profit, la cooperazione, l’impresa privata.

La cultura dello scarto e del consumo illimitato non si concilia più con il futuro possibile, né con lo sviluppo economico. E’ questa la novità del nostro tempo. Uscire dalla crisi di questi anni vuol dire saper innovare e cambiare rotta.

Su questo crocevia si è progettato l’Expo di Milano.

L’economia del futuro sarà più circolare. Occorre aumentare l’efficacia del processo produttivo facendo di più con meno, incentivando il ri-uso, riducendo gli scarti, l’impatto ambientale, le emissioni di gas serra, aumentando le quote di energia rinnovabile.

Questa prospettiva è tutt’altro che una rassegnata decrescita. Al contrario, questa è la sfida che sta già cambiando i mercati. Sfida industriale, sociale, scientifica. La green economy è fin d’ora un vettore importante del Pil italiano ed europeo. Lo sarà sempre di più. La qualità europea è chiamata a misurarsi in questa competizione, perché sarà decisiva al fine di rilanciare il modello sociale del Continente e di dare un contributo importante al mondo intero nel secolo da poco iniziato.

L’Expo di Milano sta dimostrando che a questa impresa l’Italia intende portare il meglio di sé. La sua intelligenza, la sua capacità realizzativa, la sua bellezza.

Siamo il Paese con la maggiore concentrazione mondiale di siti dichiarati dall’Unesco “patrimonio dell’umanità”. Cinquanta siti, più di ogni altro Paese del mondo.

A questi si aggiunge la dieta mediterranea, bene immateriale che l’Unesco ha voluto riconoscere e inserire anch’esso tra i patrimoni dell’umanità.

E’ un modello alimentare d’eccellenza, per gli effetti sulla salute e sull’ambiente, ma soprattutto perché è elemento costitutivo di uno stile di vita e di un patrimonio storico.

Sta alla nostra responsabilità difenderlo e promuoverlo, arricchirlo nell’innovazione, tutelare le nostre biodiversità per essere più forti nella loro difesa su scala globale.

Non si tratta di porre limitazioni alla manifattura. Per l’industria si sta aprendo un nuovo, grande campo d’azione. E questa sfida riguarda anche l’agricoltura.

L’agricoltura è stata considerata per anni come un settore vecchio e di retroguardia. Oggi contribuisce ai segnali di ripresa economica e i dati mostrano che sono in aumento anche i giovani che conducono le aziende agricole. L’agricoltura è, e deve essere ancora di più, il settore dell’innovazione e dell’eco-innovazione. La nostra qualità passa da lì. Il nostro bene comune ha un fondamento essenziale nella filiera agro-alimentare.

A cominciare dall’acqua. In agricoltura si consuma molta più acqua che per il fabbisogno umano. La Fao sottolinea che sono necessari due litri al giorno per il bisogno del singolo individuo, mentre ne occorrono mille volte di più per assicurare il cibo necessario a una sola persona.

Oggi circa 750 milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile. È un dato intollerabile

Se non saremo capaci di modificare le produzioni agricole scegliendo tra quelle a minor consumo d’acqua, in Italia come negli altri Paesi; se non saremo capaci di cambiare le abitudini e le tecniche di consumo, specie nei Paesi industriali; se non saremo capaci di correggere i meccanismi di accumulo e distribuzione, fra dieci anni, più della metà della popolazione mondiale rischierà di vivere un grave stress idrico.

La lotta alla povertà è oggi, ancor più che nel passato, condizione di sicurezza del genere umano e della Terra.

E’ il nome nuovo della pace.

La povertà genera carestie. Che alimentano gli odi e le guerre. Che desertificano le società e i territori.

Cibo ed acqua non possono essere considerate risorse strategiche destinate ad alimentare contenziosi bilaterali e nei fori internazionali.

Al contrario, come i territori che li producono, sono testimonianza della indivisibilità del destino dell’umanità.

La pace è possibile. E’ nelle nostre mani. Ciò che non possiamo pensare è che la pace si imponga con le armi, nella sopraffazione, nell’esclusione, nello scarto. Ne abbiamo avuto prove storiche e ne abbiamo, oggi, prove quotidiane.
Le guerre, il terrore, l’estremismo ideologico e religioso, le carestie e i disastri naturali spingono centinaia di migliaia di uomini a migrazioni di inedite dimensioni. Dobbiamo affrontarle con saggezza e umanità. Accogliendo chi ne fugge. Salvando chi grida aiuto. Combattendo chi lucra sulla disperazione. Stroncando i traffici indegni. Ma soprattutto puntando sulla cooperazione, sullo sviluppo equilibrato degli altri Paesi, sulla riduzione delle diseguaglianze stridenti che oggi rendono instabile il mondo.

Il cibo e l’acqua per tutti, lo sviluppo sostenibile, la biodiversità, il superamento dell’economia dello spreco sono più di un dovere morale. Sono una prova di intelligenza. Se non saremo capaci di guardare oltre il breve periodo, ruberemo il futuro ai nostri figli. L’Expo di Milano è nata per guardare al domani. Per aiutare a progettarlo con coraggio e innovazione.

Sono passati quasi dieci anni dalla candidatura di Milano per l’Esposizione universale.

La candidatura è nata da un consenso bipartisan e di lungo termine, dall’allora Sindaco di Milano, Letizia Moratti, al presidente del Consiglio di allora, Romano Prodi. Quell’iniziativa bipartisan, facendo prevalere i sentimenti della coesione e solidarietà, ha consentito un bel successo.

Oggi Expo è il risultato del lavoro di tutti, è una vetrina importante per l’intero Paese proprio perché è espressione del sistema Italia.

Dobbiamo recuperare, pur nel confronto a volte acceso, il senso del bene comune. E dobbiamo sapere che esso si fonda sulla legalità, sulla trasparenza. Il contrasto alla corruzione deve essere severo, nel nome del diritto e della libertà che la corruzione sottrae a ciascuno di noi.

L’Expo milanese continuerà a trasmettere il suo messaggio sulla lunghezza d’onda dell’innovazione e del bene comune.

Grazie anche ai tanti espositori che hanno accettato la sfida, grazie ai Paesi che hanno aderito con creatività e spirito di solidarietà, grazie a tutti i visitatori che ne rilanceranno idee e proposte.

Perché, come ha osservato Albina Assis Pereira Africano, all’Expo di Milano, con il contributo di tanti, si sta scrivendo una pagina di storia per l’umanità.

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