di Alessandro Corneli /grrg.eu/
L’interrogativo nasce leggendo l’articolo odierno di Eugenio Scalfari su laRepubblica. Non nella prima parte in cui, riprendendo il discorso di papa Francesco sulla “terza guerra mondiale a puntate”, elenca i punti delle principali crisi, né nella seconda parte dell’articolo in cui esamina il ruolo dello SI (Stato Islamico), limitandosi a dire che si tratta di “una guerra di religione di contrapposte civiltà”. Il Califfato ha come nemici i cristiani, l’Occidente e i ricchi. Ma il presidente Obama, che pure vede la minaccia, “non ha molta voglia di impegnarsi a fondo nel Mediterraneo e in Mesopotamia. Il suo obiettivo in una società multipolare è l’intesa con l’America Latna e il Pacifico”. Quanto all’Europa, “non ha le forze”.
Il punto critico viene nella terza parte dell’articolo, dedicata a Mario Draghi, la persona che, secondo Scalfari, conta più di tutte le altre in Europa. Il suo compito specifico non è di battere la deflazione, su cui non può fare molto, ma “di aumentare il tasso d’inflazione”, cioè di aumentare la liquidità. Scalfari riassume i mezzi a disposizione del governatore della Bce ma, sottolinea, “lo strumento numero uno cui Draghi mira… è il tasso di cambio dollaro-euro”. Il tasso ideale sarebbe 1,10 ma ci si potrebbe accontentare di 1,20.
Ecco la domanda posta da Scalfari: “Con quali strumenti può ottenere questo risultato con quella rapidità che provoca uno shock positivo nelle aspettative per quanto riguarda soprattutto l’esportazione europea?”.
E fornisce la sua risposta, che è la chiave dell’articolo: “E’ molto semplice:vendendo sul mercato dollari in quantità sufficiente a premere efficacemente sulle quotazioni”. Secondo Scalfari, “la vendita avrebbe un triplo risultato: svalutazione dell’euro, aumento dell’inflazione, investimenti causati dalle esportazioni, cioè da una accresciuta domanda estera”.
Forse non ho capito bene e non so ragionare bene, ma se l’Europa vendesse dollari a mani basse, le quotazioni internazionali del dollaro cadrebbero e ci sarebbe una fuga dalla moneta americana (e dai titoli di Stato americani che perderebbero valore) che, rientrando negli Usa, scatenerebbe in quel Paese una spaventosa inflazione. Ora pongo io una domanda: gli Usa potrebbero tollerare che, dopo la Cina e la Russia che sostengono da tempo la necessità di rimuovere il dollaro-centrismo, anche l’Europa sferri un duro colpo alla loro moneta? Equivarrebbe a distruggere la Nato e la partnership euro-americana (oltre a mandare all’aria l’attuale negoziato transatlantico). Lo sconvolgimento sarebbe tale da provocare sul serio la terza guerra mondiale.
Non dico che non si debba rivedere al ribasso il ruolo internazionale del dollaro, anzi lo sostengo. Ma non a rischio di provocare un cataclisma. Spetta agli Usa comprendere che il ruolo egemonico della loro moneta deve essere modificato, ma d’intesa con i grandi partner e i maggiori Paesi: Europa, Cina, Russia. Purtroppo l’establishment americano non è di questo parere e non esprime un Presidente che dovrebbe porre al centro della sua azione politica internazionale, politica ed economica, un negoziato su un nuovo ordine monetario internazionale. Impresa gigantesca che potrebbe essere affrontata da menti superiori e con una consapevolezza morale di lungo termine riguardo ai destini del mondo. Quella che papa Francesco cerca di portare alla luce, condannando ripetutamente un sistema economico e culturale fondato principalmente sulla speculazione a breve termine.
Draghi, vicino alla scadenza del suo mandato, e in pole position per salire al Quirinale, in modo esplicito non ha affrontato questo tema, anche perché vincolato dal suo ruolo formale; ma, una volta lasciato questo, con quale autorevolezza e potere potrebbe parlare e/o agire posto che condivida questa esigenza? La Germania sembra incerta e spaventata. Confuso è il Regno Unito. E la Francia, unica potenza in grado di esprimere idee universali, non ha un leader all’altezza della situazione.
Il pericolo è proprio in questa latitanza di idee forti e di uomini coraggiosi e con una visione che vada al di là della poltrona che hanno conquistato e cercano di mantenere attraverso espedienti. Compito loro facilitato dalle mezze figure di cui si circondano.