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E se Beppe Grillo fosse più furbo di Matteo Renzi?

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Beppe Grillo
Beppe Grillo

di Alessandro Corneli /

Grillo, sulle riforme volute da Renzi, ha detto: “E’ un colpo di Stato”. Risposta di Renzi: “Grillo ha preso un colpo di sole”. E via di questo passo. Per quanto ancora durerà questa sceneggiata?

Renzi ha fatto il furbo, dando a credere che prendesse sul serio la disponibilità del M5S al dialogo sulle riforme; in realtà voleva mandare un messaggio a Berlusconi, il quale ha confermato la fedeltà al patto del Nazareno, pur avanzando qualche riserva sui contenuti delle riforme poiché non è insensibile alle molte critiche che si elevano nei loro confronti.

Grillo ha fatto il furbo, dimostrando disponibilità a dialogare con Renzi sui contenuti, ma il suo obiettivo era di spingere Renzi e Berlusconi a confermare l’alleanza così da acuire il dissenso all’interno del Pd e nei partiti minori, timorosi di essere penalizzati dalla nuova elegge elettorale più che dalla riforma del Senato.

Ma chi, tra i due, aveva più da perdere? Non Grillo, a cui non è costato molto dire di essere disponibile a fare le riforme con Renzi, vanificando in tal modo la linea politica adottata dal premier per le recenti elezioni europee, tutta orientata a combattere l’antieuropeismo dei grillini. È invece Renzi ad avere perso più di quanto abbia creduto di guadagnare perché non si è staccato di dosso Berlusconi. I sondaggi, per la prima volta, dopo due mesi, attribuiscono al Pd un po’ meno del 40% delle intenzioni di voto.

L’obiettivo di Grillo è di mettere sullo stesso piano Renzi e Berlusconi, affermando che la loro alleanza sul tema delle riforme  produce dei mostri mentre l’azione del Governo va contro tutte le promesse fatte da Renzi. Non solo Renzi non ha ottenuto nulla dall’Europa, ma tutti gli indicatori economici volgono al peggio. Il peso dell’Italia in Europa non è cresciuto nonostante gli sforzi del tecnico Monti, l’approccio moderato di Letta e il dinamismo del giovane ex sindaco di Firenze. L’Italia è sempre al paolo con i suoi problemi, ai quali si risponde nel solito modo: aumento del debito pubblico e aumento delle tasse. È vero che i magazzini delle promesse sono stracolmi, ma il prodotto si avvicina alla data di scadenza senza che sia stato consumato.

“Noi non molliamo”, dice Renzi sulle riforme. E chi è contro, “boicotta”. Strana assonanza con il “Vincere, e vinceremo” e con il “Taci, il nemico ti ascolta”. In sintesi: “Boia chi molla”.

E questa sarebbe politica? Sarebbe una politica rinnovata, volonterosa e con le idee chiare? Dove sono i provvedimenti rivoluzionari? Dov’è finita la priorità dell’occupazione?  Non è colpa di Renzi se l’economia non riparte poiché le cause sono tante e non solo italiane. Allora perché fare gli stessi discorsi dei suoi predecessori? Dov’è il cambiamento? “Dire bugie non paga”, affermava Fanfani. Lo ha ricordato il ministro Boschi e forse non si è resa conto che il principio poteva valere anche per il suo leader.

Se il Pil crescesse in funzione della quantità di twitter che Renzi scambia con amici e avversari, saremmo felici di avere un premier tecnologicamente aggiornato. Purtroppo questa “cultura tecnologica” non influenza l’economia.  Non solo: a colpi di twitter e di blog, Grillo alla fine potrebbe battere Renzi che è caduito nel tranello di rispondergli.

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