Reggio Calabria – A cura di V. Ermiterra – Dal Nord al Sud è alta la tensione della politica rispetto alla Magistratura che indaga sul malaffare. Certo, nonostante ci si sforzi di guardare altrove, la Calabria, purtroppo, merita ancora la palma che la Stampa conferisce alle notizie sconcertanti che riguardano la politica in relazione alle indagini condotte dalla magistratura italiana che, evidentemente, qualche carta oltre le parole di questo e di quello, le avrà pure.
Seguendo la vicenda Scopelliti che, effettivamente, è imbarazzante, va detto che non si riesce a comprendere come sia possibile che la magistratura sembra (al momento) vedere solo Giuseppe Scopelliti e pochissimi altri mentre a sostenere a spada tratta lo stesso Governatore sono in tanti e alcuni di essi anche autorevoli membri del Governo con incarichi che non lascerebbero dubbi a sospetti. Dunque, o la Magistratura calabrese e milanese hanno preso un abbaglio serio, oppure qui bisogna tenere pronte le pagine dei giornali perché potrebbe accadere di tutto anche in virtù dei recenti arresti eccellentissimi.
L’ulteriore puntata ha così inizio:
“Anticipo per chi voglia intendere che non mi dimetterò da assessore comunale, non defletterò dal mio impegno politico, ma soprattutto mi conserverò l’onore di un rapporto di fedeltà all’amicizia che mi lega dall’infanzia a Peppe Scopelliti”
A parlare con insolita chiarezza, per come riportato dalla stampa locale, è l’assessore all’urbanistica del Comune di Reggio Calabria, Luigi Tuccio, legatissimo per sua stessa ammissione al governatore calabrese. Tuccio è finito indirettamente dentro una grande tempesta giudiziaria. L’operazione “Lancio”, appena conclusa con una raffica di ordinanze cautelari eseguite nei confronti della presunta rete di protezione femminile del super latitante Domenico Mondello, detto “Micu u pacciu”, ha portato all’arresto anche della suocera dell’assessore, Signora Giuseppa Cotroneo, destinataria di pizzini di ringraziamento da parte del potente padrino, al quale avrebbe fornito ospitalità in un proprio casolare, meritandosi l’affettuoso appellativo di “cara commare”.
Si deve convenire, anche sulla scorta delle dichiarazioni dell’“amico fedele”, che il Presidente Scopelliti continua a non azzeccarne una in quanto a frequentazioni imprudenti: dai matrimoni, alle discoteche, fino alla scelta dei collaboratori, incrocia sempre, suo malgrado, personaggi ambigui. Evidentemente il giovane e rampante “Principe” calabrese, non ha letto bene Machiavelli.
Infatti, definire inquietante il quadro delle relazioni presidenziali che in qualche modo hanno a che fare con la “commare” di Domenico Condello è puro eufemismo.
Giuseppa Cotroneo ha tre figlie: una, la Signora Bruna Nocera, ha sposato in carcere Pasquale Mondello – cugino omonimo del “Supremo”, arrestato dai Ros di Reggio Calabria il 18 febbraio del 2008, e cognato di Nino Imerti, detto “nano feroce”, anch’egli in carcere da molti anni; la seconda, Maria Angela, è moglie di Massimo Pascale, già segretario particolare dell’allora sindaco di Reggio Calabria, a tutt’oggi, componente dell’ufficio di gabinetto del Presidente della Regione; la terza figlia, l’Avv. Giampera Nocera, moglie dell’ assessore Tuccio, è una presenza costante, in qualità di consulente, avvocato o destinataria di incarichi amministrativi, nelle giunte municipali reggine a guida Scopelliti, Raffa e Arena. Tanto legata al Governatore, da figurare, con l’incarico di vice presidente, tra i soci fondatori della lista Scopelliti, che ne ha accompagnato il successo elettorale alle regionali del 2010, strutturandosi sul territorio come una sorta di PDL parallelo.
Quante distrazioni, povero Presidente!
Anche deputati a lui vicini cominciano ad affermarlo senza mezzi termini: “Scopelliti ha solo una colpa, quella di fidarsi troppo di alcuni amici che lo stanno mettendo nei guai”. Ma distinguere tra consiglieri leali e fratelli coltelli, in momenti come questi, è davvero impresa disperata.
Infatti, non è dato sapere a chi si riferisse il governatore quando, all’inizio di questo terremoto politico – giudiziario, adombrava l’ipotesi che qualcuno complottasse per mandarlo in Parlamento, per frenarne l’azione di cambiamento e rinnovamento avviata in Calabria. Tuttavia, qualche malalingua del centrodestra alimenta il perfido dubbio che quella dichiarazione fosse nient’altro che un sasso gettato nello stagno, il tentativo di saggiare il terreno e le disponibilità, dal momento che sarebbe lo stesso Scopelliti a fare più d’un pensierino alla candidatura nel 2013, per tirarsi fuori da una situazione che si va ingarbugliando ogni giorno di più.
Del resto, i fatti e le megapagine dei Quotidiani calabresi parlano da sé.
Sul Comune di Reggio Calabria, troppo frettolosamente spacciato come “modello”, incombe la spada di Damocle della Commissione di Accesso antimafia. Le relazioni imprudenti, come quelle sopra descritta, il deficit di bilancio stratosferico, l’allegra gestione di finanze e consulenze, non lasciano presagire nulla di buono. E lo scioglimento del Comune, oltre che un’onta per la città, sarebbe un colpo mortale all’immagine di Scopelliti.
Proprio per la vicenda dei bilanci comunali e delle parcelle liquidate dalla dirigente Orsola Fallara, morta suicida, il Governatore ha appena ricevuto un avviso di chiusura delle indagini, preludio al probabile rinvio a giudizio per reati di indubbia complessità e gravità.
Per quel che riguarda l’inchiesta sulla sanità, portata avanti dalla Procura di Catanzaro, Scopelliti è stato interrogato per due ore dai magistrati. A termine dell’interrogatorio ha dichiarato di aver fornito ogni chiarimento sulle varie contestazioni. Sapremo presto se è riuscito a convincere i Pm.
Intanto – ed è forse la vicenda che più inquieta e preoccupa il Presidente della Regione – prosegue il processo Meta e il Colonnello dei Carabinieri Valerio Giardina, che lo ha accusato di far parte, insieme al fratello Consolato detto Tino, di una “lobby politico- mafiosa-affaristica”, continua a parlare elencando fatti, circostanze e fornendo deduzioni investigative ed analisi.
Peraltro, in un delle ultime udienze di quello stesso processo, gli imputati detenuti hanno presentato un sibillino manoscritto, acquisito agli atti dal Collegio presieduto da Silvana Grasso, con il quale addirittura protestano contro la Dda reggina, accusandola di due pesi e due misure nei confronti degli imputati dell’area criminale rispetto a quelli della sfera politica. In definitiva, gli imputati detenuti lamenterebbero una presunta eccessiva prudenza da parte degli inquirenti nell’aggredire la cosiddetta zona grigia. Incredibile, ma vero. Imputati detenuti, appartenenti al fior fiore delle cosche reggine, formulano alla giustizia e alle istituzioni la stessa accorata richiesta di ogni cittadino onesto: recidere i legami tra la politica, il malaffare e la ‘ndrangheta, colpendo al cuore il sistema delle loro perverse ed oscure relazioni. Si tratta di una cinica provocazione, per alimentare confusione, veleni e sospetti, in un clima già surriscaldato? Forse si è voluto parlare a nuora (la magistratura), perché suocera (la politica) intenda? E’ un messaggio cifrato perché nessuno si illuda di farla franca? La politica calabrese sembra avere più di un motivo per non dormire sonni tranquilli.
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