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Silvio Berlusconi su IL PARLAMENTARE.IT

E’ Silvio Berlusconi in persona che oggi ha rilasciato questa dichiarazione: Girano nei palazzi romani chiacchiere e pettegolezzi su un argomento: le dimissioni di questo Governo”. Lo afferma il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in una nota. “Mi spiace di deludere i nostalgici della Prima Repubblica quando i governi duravano in media 11 mesi, ma la responsabilità nei confronti degli elettori e del Paese – sottolinea il premier – impongono a noi e al nostro Governo di continuare nella battaglia di civiltà che stiamo conducendo in questo difficile momento di crisi”. Poi in serata è tornato a ribadire il concetto a viva voce. “State tranquilli, non ho proprio nessuna intenzione di fare passi indietro. La maggioranza c’è’.

L’opposizione intanto continua il pressing sul governo. “La maggioranza politicamente non c’è più e probabilmente anche numericamente”, sottolinea il presidente della Camera Gianfranco Fini. Il presidente del Consiglio dovrebbe capire, secondo Fini, che “mettersi da un lato, rappresenterebbe un atto di amore nei confronti dell’interesse nazionale. Abbia la capacità di concentrarsi non sulla conta delle pecorelle ma sulla prospettiva da dare all’Italia e al Pdl”. Di fronte alla crisi internazionale, sottolinea Fini, “la credibilità non si riacquista se il governo fa 316 voti e continua a galleggiare”; anzi “ci sarebbe un effetto depressivo della credibilità” e “il distacco tra Palazzo Chigi e la società italiana sarebbe ancora più evidente”.

Di qui la necessità di comprendere che “si è chiusa una fase e bisognerà capire se la politica sarà capace di aprirne un’altra e quale. Per l’interesse nazionale -spiega il presidente della Camera- la via più auspicabile sarebbe la cessazione di questo lungo scontro che dura da anni di derby permanente e la nascita di un esecutivo con un’ampia maggioranza basato su pochi punti concreti e al termine di questa esperienza si deve tornare alle urne”. Per questo, puntualizza Fini, “escludo a priori che per garantire l’interesse nazionale sia opportuno far nascere un governicchio del ribaltone”. Non si tratta di dar vita “a larghe convergenze astratte” ma occorre “tradurre nel più breve tempo possibile in leggi i punti della lettera della Bce” e varare una nuova legge elettorale”.

Sulla stessa linea il leader dell’udc, Pier Ferdinando Casini. “Basta con il balletto di responsabilità reciproche che non serve a nulla, è tempo di unire i discorsi e di creare un armistizio tra le forze politiche dando vita ad un governo che abbia quella credibilità finanziaria internazionale che ci consenta di avviare il risanamento italiano”. “Ciascuno – osserva Casini – deve fare un passo indietro, non solo Berlusconi ma forse anche le opposizioni devono farlo nel nome di un interesse più importante”.

Contro le ipotesi ventilate dal Terzo Polo però si schiera duramente il ministro leghista Roberto Calderoli che avverte: “Governi tecnici, di coesione, di tregua, di unità nazionale o come diavolo li si voglia chiamare, o peggio ancora maggioranze allargate, sarebbero un colpo di Stato e i colpi di Stato si combattono con la rivoluzione”. Calderoli si dice “nauseato delle campagne acquisti, con saldi di fine stagione, di omuncoli e donnine, ad opera proprio delle forze politiche e dei poteri forti che hanno la responsabilità storica della crisi economica che oggi stiamo vivendo”. “Sono invece onorato di appartenere ad una forza politica che non ha visto neppure uno solo dei suoi soldati tradire il proprio mandato. Ora – sottolinea il ministro leghista – se il Governo Berlusconi ha i numeri per andare avanti e realizzare o completare le riforme bene, diversamente non resta che il voto. In un sistema bipolare se cade un Governo la parola deve tornare al popolo oppure il popolo da solo si riprende la parola e riafferma la democrazia”.

In questo contesto arriva l’appello alla coesione del capo dello Stato. “L’Italia non può ritrovare la sua strada in un clima di guerra politica – rimarca il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano -. E’ necessario un riavvicinamento tra capi politici contrapposti, non per confondersi ma per condividere le scelte importanti che rispondono ai bisogni più profondi”. Tale confronto deve avvenire “senza rinuncia delle proprie posizioni ma ritrovando quella coesione nazionale e sociale che oggi è categorica”.

 

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