Della politica oggi si è dimenticata la sua vera etimologia, quindi il suo senso ed il suo fine. Politico oggi è, per lo più, colui che gestisce potere. Punto. Si fa davvero estrema difficoltà, infatti, a ricorrere ad altre definizioni se non a quelle, tante e significativamente meno eleganti, che pure circolano nei bar, nelle case, fra la gente stanca. Così fra querele e festini, deputati eletti dai partiti e amici di potenti, cinici imprenditori di se stessi e improbabili amministratori, la res pubblica è oggi allo sbaraglio, governata da se stessa e da qualche insopportabile vessazione. Si avverte tanta nostalgia, quindi, dei – sia pur vituperati – politici “di una volta”, intendiamo quelli a cui De Gasperi attribuiva il titolo di statista, colui il quale, cioè, guarda lontano lavorando per le future generazioni. Dall’altra parte l’illustre Alcide poneva i politici “generici”, quelli che pensano soltanto ad arraffare consensi qualunquemente. Tanti Cetti oggi governano la qualunque ignari di cosa avvenga fuori i palazzi, nelle povere contrade, nei quartieri lager, nelle famiglie disperate.
Quanto più ci si avvicina al degrado massimo, comunque e per fortuna, tanto più, per la legge di Vico, la coscienza di un popolo inizia a spingere dall’altro verso. E, in attesa dell’avvento del nuovo ciclo storico, sentiamo grande la necessità di aggrapparci al ricordo, come ansiolitico e come traccia da cui ripartire.
In Calabria le tracce le hanno lasciate in tanti, a dire il vero: pensiamo per esempio a Misasi, a Mancini, a Gullo, a Principe. Dei tanti, anche fra quelli qui non menzionati, ad uno solo la Natura ha voluto concedere un figlio d’arte capace, addirittura e per alcuni ambiti, di superare il pur lungimirante ed intelligente padre. Parliamo, ovviamente, di Sandro Principe, pupillo di Francesco (dai più conosciuto come Cecchino) .
I due sono indissolubilmente legati alla loro Rende, un ex sconosciuto paesino del cosentino che nel secondo dopo guerra aveva a che fare ancora con terreni da bonificare. Rende oggi, e ormai da qualche lustro, fa parlare diffusamente di sé come esempio di area urbana moderna, a misura d’uomo, abbondantemente tinteggiata di verde, con una area industriale che ospita piccole, medie, ma anche grandi imprese, una viabilità straordinaria e sede di una delle più prestigiose Università Italiane. Se a Cesare va dato quel che è di Cesare, ai Principe vanno riconosciute la dotta conoscenza e l’agita pratica dei più nobili principi della filosofia politica riformista e umanista. Infatti, Cecchino compì il miracolo urbanistico (seppure tornito e imbellito dal figlio), Sandro riuscì poi in un’opera quasi miracolosa: fare di un Comune l’esempio di come anche a queste latitudini la speranza possa convertirsi in fatto, e che fatti! Rende è divenuta la perla calabrese, un nome da poter esportare con orgoglio e senso d’appartenenza, il fiore all’occhiello di una regione nella quale la cittadina di Principe è più apolide che parte integrante. Su Sandro Principe circolano da anni pettegolezzi di ogni natura e probabilmente qualcuno anche c’azzecca – pensiamo per esempio al suo carattere a tratti duro -. E’questo il destino di chi fa tanto e bene in una Terra dove, al contrario, abbonda storicamente la politica dell’incapacità. Del resto, siamo tutti per natura giusti e sbagliati; l’importante che la cifra della giustezza superi quella della caducità!
Principe è anche un uomo di levatura straordinaria, afferrato alla vita e dalla vita accolto anche quando un attentato infame gli fece scorrere in testa il proiettile di una Magnum. L’onorevole di Rende è uno dei pochi politici Calabresi a cui Cetto dovrebbe chiedere scusa. Purtroppo egli è una mosca bianca, sicché ad Albanese gli si può far dire ogni cosa sui politici calabresi senza poter opporre serie controffensive, qualunquemente.