a cura di Don Ennio Stamile/
Non mi sono meravigliato più di tanto nel leggere le statistiche sul fenomeno della corruzione divulgate qualche giorno fa dalla “Ey Fraud Survey” in un rapporto biennale curato da Ernest & Young, una delle quattro società di revisione contabile e consulenza a livello mondiale. Lo studio, che si concentra sull’attività di imprese private operanti in 41 Paesi, pone, tra l’altro, l’attenzione sull’importanza dell’anticorruzione nelle aziende, essendo organizzazioni composte da uomini, è indispensabile inserire al loro interno una scala di valori. In questi ultimi anni le grandi multinazionali e gran parte delle imprese, danno molta importanza, come è giusto che sia, alla responsabilità sociale ed ambientale per non arrecare danni all’ambiente in cui viene svolta l’attività. Al di là delle interessanti annotazioni circa il futuro delle aziende soprattuto dopo l’elezione di Trump che rappresenta un motivo di incertezza ed al contempo di sfida per chi vuole fare business, ciò che come dicevo all’inizio non mi ha sorpreso è conoscere cosa ne pensano i giovani dai 25 ai 34 anni di età riguardo al fenomeno della corruzione. Ebbene, il 73% di essi ritiene plausibile o quantomeno giustificabile ricorrere alla corruzione per far carriera sia dentro che fuori dalle stesse imprese. Insomma, la cosiddetta generazione Y o Millenials, non solo guarda con tolleranza alle operazioni poco corrette delle proprie aziende, ma il 68% è convinto che il management sia disposto a porre in essere comportamenti poco etici pur di fare business. Non a caso il 25 % dei giovani sarebbe disposto a pagare bustarelle pur di far mantenere in vita un’attività di impresa. Se tutto ciò accade nel mondo delle imprese figuriamoci in quello della politica!
Sebbene dal 2012, anno in cui finalmente venne varata la legge anticorruzione, l’Italia abbia guadagnato ben 12 posizioni nella classifica delle percezione della corruzione raggiungendo il 60esimo posto a livello mondiale, si piazza al terzultimo posto in Europa per l’indice di corruzione percepita. Davanti a noi solo Grecia e Bulgaria. Che dire poi circa i dati forniti da tre economisti italiani (Oriana Bandiera, Tommaso Valletti, Andrea Prat) pubblicato sull’American economic review, secondo il quale in Italia su 100 euro di sprechi, 83 sono dovuti ad inefficienza, 17 alla corruzione. Giustamente, G. Galeazzo ed I. Lombardo ritengono che “tale criterio di calcolo potrebbe essere la base sistematica per valutare il peso dei danni subiti dalla pubblica amministrazione se solo il Governo istituisse un gruppo di lavoro incaricato di replicare lo schema“. Ma sappiamo bene che in Italia si pensa ad altro! Sarebbe interessante a questo punto leggere i programmi elettorali delle liste che concorrono al rinnovo dei consigli comunali di 83 comuni sparsi per la Calabria, cinque di essi (Catanzaro, Acri, Gioia Tauro, Palmi e Paola) sopra i 15.000 abitanti. Quale attenzione è stata data a temi come la lotta alla corruzione, alla trasparenza, ai beni confiscati, all’impegno di costituirsi parte civile nei processi contro le ‘ndrine? Con quale impiego di risorse, obbiettivi e verifiche periodiche? Questi ed altri come sappiamo, sono ambiti che vedono impegnate diverse realtà in Italia tra cui Libera.
Il coordinamento provinciale di Catanzaro, consapevole che l’ente comunale è uno degli organi amministrativi più a rischio di infiltrazioni mafiose e di corruzione, ma contemporaneamente rappresenta il primo e fondamentale baluardo per tener fuori dalle logiche amministrative, corrotti, corruttori e collusi, ha diramato una nota stampa prima che iniziasse la campagna elettorale nella quale “vengono auspicate candidature di manifesta integrità e senza macchia“. “In particolare – continua la nota – chiediamo sin da subito che tutte le forze politiche, qualunque sia il loro colore, scelgano al loro interno candidati di specchiata integrità e moralità, a partire dai candidati a sindaco, degni di rappresentarci e decidere per tutti noi in rispetto dell’articolo 54 della Costituzione”. Se è sacrosanta la presunzione di innocenza, “Libera Catanzaro auspica che la città non debba confrontarsi con quei candidati che hanno condanne, o procedimenti giudiziari in corso per reati di particolare rilevanza sociale vista la funzione pubblica da esercitare, oltre che per mafia e corruzione. Chiediamo poi che le forze politiche, fin da questa fase, considerino l’apertura alla società civile e il ruolo della cittadinanza attiva come una opportunità irrinunciabile“. Sappiamo quanto sia difficile, soprattutto per i partiti tradizionali, rinunciare a certe logiche di appartenenza, a pacchetti di voti magari facendo passare anche il nuovo come ciò che tale non è o lo è solo anagraficamente. Perché quel candidato, ancorché giovane, si è costruito, o si sta costruendo – con la vergognosa complicità di chi ha responsabilità direttive in quel determinato partito, o politico-amministrative nella compagine regionale – un futuro politico sulla base di famiglie con pacchetti di voti ben consolidati nel corso degli anni, frutto di collusioni, corruzioni, comparaggi, appartenenze o semplici prestazioni sanitarie e/o servizi pubblici elargiti a mo’ di favore personale. Insomma il famigerato odioso, disdicevole e disonorevole, voto di scambio.