di Paolo Callari/
Era nel 2008 quando, durante una conferenza dal titolo “L’Europa: tempio comune”, emerse la notizia che avremmo vissuto una guerra come spettatori distanti.
La complessità del tempo presente ha colori tanto vividi e sgargianti per un occhio attento a rilevare segnali utili a valutare il futuro prossimo che lo spettatore rischia di perdere la memoria della radice di ciò che, forse artatamente, non è stato cautamente evitato.
E’ come se il marinaio sulla coffa dell’albero maestro che avvista lo scoglio affiorante che rischia di affondare la nave riscontra un timoniere spregiudicato come fosse socio del cantiere nautico che riparerà il natante dopo l’impatto oppure “sperando cammina sulle acque” contando sulle probabilità di non impatto.
I naufragi nel Mediterraneo, le migrazioni presenti e dense come mai nella storia degli ultimi settanta anni, rilevate e descritte in maniera imperfettibile dal sig. Presidente della Repubblica Italiana, lasciano comprendere chi si è dichiarato essere il timoniere incauto rispetto al valore della vita umana sperimentando come convergenti parametri e perimetri europei con storie e tradizioni fino ad oggi non sintetizzabili come un unicum di quella “madre patria” che alberga come sentimento degli Americani, dei Russi e dei Cinesi, territori vasti ma uniti con un solo governo nazionale.
Il tema della conferenza, Europa tempio comune, lascerebbe immaginare come se l’organizzazione fosse stata delegata al sentimento della Massoneria Universale, invece il relatore, uno dei traduttori personali di sua santità Papa Benedetto decimo sesto, ci raccontava di un incontro tenuto nella sua Germania dal Santo Padre in quel periodo storico, a motivo di costruire quei ponti che oggi sembrano franare da ogni dove.
LA GUERRA ANNUNCIATA ERA GIA’ ALL’ORIZZONTE
Quella guerra annunciata, della quale noi avremmo dovuto sperimentare echi lontani, era già all’orizzonte lo scontro fra Israele ed Hamas, l’Iran terrorizzava l’occidente, la Cina sembrava l’unico fattore stabilizzante per il volume di forza spiegabile in campo, oggi non sembra più una questione scontata da potere vincere a tavolino.
Secondo la teoria dei giochi, il dilemma del prigioniero, la migliore fra le guerre è l’accordo a tavolino, senza sostenere il costo di un aereo che si alza e consuma carburante e di una bomba che deflagrando dissipa energia potenziale, sempre che il timoniere, facendo riferimento alle poche righe spese sopra, non sia socio in affari con il cantiere nautico che deve riparare la nave che si scontra con lo scoglio affiorante già avvistato da chi è sulla coffa dell’albero maestro. La relazione epistolare avvenuta fra Einstein e Freud sui motivi che spingono il genere umano a muovere una guerra è il documento cardine rispetto al bilancio costi benefici di un qualsiasi conflitto armato già stimato da Sun Tzu come strategia marginale.
Anche nella storia presente, dove i satelliti in orbita geostazionaria, sembrano volare più in alto di tutti, le cosiddette aquile, che colgono i segni del futuro intuendoli nel presente, avevano “visto” più lontano quando, piuttosto che utilizzare gli aeroporti a supporto del bisogno dei migranti, i governi sovranazionali hanno finanziato le vie del mare.
Poiché non amo i termini giornalistici del complotto, dei servizi deviati, governo ombra, e quant’altro alimenti il voyeurismo adeguato alla migliore vendita della pubblicità ma concettualmente inconsistente, ritengo che il timoniere che si è dimostrato tacitamente assente possa essere considerato in parte il governo sovranazionale di Bruxelles, e in parte, non fosse altro che la strategia della tensione per i fatti che leggiamo in Libia in questi giorni, giovi alla stabilità di governi europei friabili rispetto alle opposizioni dei movimenti podemos e cinquestelle.
A suo tempo trattai l’argomento nel non luogo di Facebook assemblando voci assai prestigiose del mondo intellettuale e militare italiano sostenendo l’immediata necessità di un intervento in Libia con l’esercito di terra ma, le determinazioni politiche, portarono ad una riduzione di costi in armamenti per l’Italia e, in seguito, al presidio del Mediterraneo in quella parte della Siria prossima allo stato di Israele da parte della Russia, con il confronto conseguente con la confinante Turchia.
Occupata e smembrata la Siria, porta di terra della “via della seta”, l’Europa risulta avvizzita ed impoverita dalle sanzioni contro la Russia e dai focolai di guerra che la circondano, senza che nulla, almeno così sembra, decidano i perimetri Europei se non di allertare i confini per eventualità di attacchi all’interno dei medesimi, quanto, piuttosto, arginare il fenomeno oltre frontiera senza stare ad aspettare che la fiamma divampi all’interno.
In tempi di globalizzazione e del mercato unico tutto ciò sembrerebbe dissonante con quello che gli indici borsistici ci raccontano ogni giorno, influendo fra di loro come per la legge di domanda ed offerta che regola ogni prezzo, forse anche il costo sistemico di una guerra che ha troppi spettatori, Zygmunt Baumann : Il Secolo degli Spettatori.