A cura di Dario Ranieri/
Calabria – I Carabinieri del Comando provinciale di Cosenza hanno arrestato due assistenti capo in servizio nel carcere di Cosenza Luigi Frassanito (56 anni) e Giovanni Porco (53) con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, per avere favorito i clan Lanzino-Rua’-Patitucci, Bruni-Zingari e Rango-Zingari.
Le indagini sono state coordinate dalla DDA di Catanzaro e sono ritenute molto allarmanti per le gravissime omissioni che gli organi preposti al controllo, avrebbero posto in essere. Il Procuratore Nicola Gratteri capo dell’indagine che ha esposto i dettagli alla stampa, ha lanciato un messaggio importante: non abbiamo paura e non guardiamo in faccia nessuno. Una dichiarazione che solleva l’animo dei calabresi onesti che da decenni nella Città di Cosenza e non solo, subiscono non solo soprusi da parte della ‘ndrangheta, ma anche da parte di chi la favorisce, piuttosto che combatterla per dovere d’ufficio.
La cosa gravissima di questa indagine – ha affermato il Procuratore Nicola Gratteri – è che si sarebbe dovuta concludere già anni addietro, almeno 5 0 10, addirittura, perché i fatti erano noti da tempo ma nessuno ha mai provveduto lasciando, cosa gravissima, i detenuti condannati per ‘ndrangheta nel carcere della stessa Città dal quale dispensavano ordini di ogni tipo e nuovi battesimi di ‘nrdangheta, oltre che ricevere alcool e droga dall’esterno.
Il Procuratore Gratteri ha ringraziato il Magistrato Camillo Falvo per avere saputo ricostruire tutta la vicenda con l’ausilio del Carabinieri. Sarebbero decine i pentiti di mafia che avrebbero delineato questo andazzo illecito nel carcere di Cosenza. Il Procuratore Nicola Gratteri che oggi con la sua Procura è al centro di importanti indagini che coinvolgono parte del corpo politico regionale che hanno già prodotto numerosi avvisi di garanzia, ha dichiarato “mi auguro che questi arresti servano a costringere chi di dovere, dal direttore del carcere di Cosenza al direttore del Dap, a intervenire per fare un po’ di ordine, quantomeno nell’applicazione dell’ordinamento penitenziario, in modo che – ha concluso il procuratore della Dda di Catanzaro – detenuti di alta sicurezza della stessa area criminale stiano a mille chilometri di distanza gli uni dagli altri e da Cosenza”.