E’ arrivata al Tesoro la lettera della Commissione Ue che chiede chiarimenti all’Italia sull’andamento del debito pubblico, che lo scorso anno invece di scendere è salito dal 131,4 al 132,2% del pil. Bruxelles, spiega la lettera, sta valutando la preparazione di un rapporto ex articolo 126.3 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, quello che disciplina la violazione del criterio del deficit o di quello del debito. Il governo ha 48 ore – fino a venerdì 31 maggio – per rispondere elencando i fattori che considera rilevanti per spiegare il mancato rispetto della regola del debito. Le spiegazioni saranno prese in considerazione nell’analisi approfondita sulla situazione che l’esecutivo europeo presenterà il 5 giugno insieme alle raccomandazioni per ogni paese europeo. In quella data in teoria la Commissione potrebbe raccomandare l’avvio di una procedura di infrazione.
Nella missiva firmata dai commissari Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis e indirizzata al ministro Giovanni Tria non viene specificata l’entità della “deviazione” contestata a Roma. Il termine di paragone, comunque, sono le raccomandazioni di maggio 2018, che chiedevano all’Italia un miglioramento di 0,3% del saldo strutturale per il 2018, e di 0,6% nel 2019. Dopo l’accordo di dicembre sulla manovra, per evitare di aprire la procedura per debito eccessivo all’Italia venne concesso di fare uno sforzo pari a zero per il 2018, purché vi fosse un miglioramento nel 2019. Ma i dati definitivi di Eurostat per il 2018, pubblicati ad aprile, indicano che c’è stato un peggioramento strutturale sia sul 2018 (0,1%), sia sul 2019 (0,2%). Sui due anni, base alla quale si guarda per valutare il rispetto dei criteri del Patto, c’è stato un peggioramento di 0,3%.
Partendo dalle richieste Ue (0,3% nel 2018 e 0,6% nel 2019, cioè 0,9% sui due anni), e sottraendo la massima deviazione consentita dalle regole (0,5%), l’Italia avrebbe dovuto in teoria assicurare almeno lo 0,4%. Invece, secondo le stime Ue, il saldo strutturale, sempre sui due anni, è peggiorato di 0,3%. Ne deriva un buco dello 0,7%, ovvero oltre 11 miliardi di euro.
Fonte Il Fatto Quotidiano