Si va alla conta, in direzione Pd, il tentativo di Lorenzo Guerini di evitare un voto in direzione non ha sortito l’effetto sperato, almeno finora, e se non ci saranno novità tra la nottata e domattina, alla fine si potrebbe arrivare davvero ad una spaccatura tra i democratici. Anche perché, in realtà, la mossa di Guerini non è stata esattamente accolta come un gesto distensivo da parte del fronte che chiedeva almeno di andare a vedere le carte dei 5 stelle e che, soprattutto, ha vissuto molto male l’intervista di Fabio Fazio a Matteo Renzi. “Quel documento – racconta un parlamentare, peraltro di area renziana – ha uno scopo molto chiaro: serve a spaventare il ‘reggente’, dicendogli che i numeri non sono dalla sua parte e che è meglio che eviti la conta”.
Formalmente, il documento dice altro: evitiamo “conte interne”, la colpa dello stallo è di M5s e centrodestra, il Pd dice no a governi Di Maio o Salvini ma è pronto a impegnarsi insieme a tutte le forze politiche “per riscrivere le regole”. Un testo che, secondo fonti renziane, sarebbe stato firmato da 77 deputati e 39 senatori. Numeri, appunto, che dovrebbero in qualche modo incutere timore a chi punta alla conta in direzione.
La reazione delle minoranze, però, non è proprio positiva. Dice Andrea Orlando: “La conta promossa dai capigruppo per non fare la conta ancora non si era mai vista”. Secondo Piero Fassino, poi, “l’unità non basta invocarla, ma va costruita giorno per giorno, con costante volontà, determinazione, pazienza. E fondandola sull’ascolto, sul rispetto reciproco e sulla chiarezza delle scelte”.