La vicenda delle colate di cemento (sotto inchiesta per abusivismo edilizio) di Capo Colonna, nella meravigliosa baia di Punta Scifo nella provincia di Crotone, si arricchisce di una nuova puntata. Nera.
Qui gli Scalise, imprenditori molto conosciuti in zona, avevano iniziato i lavori per il villaggio turistico ‘Marine Park Village‘ con un’operazione che fin dall’inizio aveva destato più di qualche dubbio: la storia (che avevamo raccontato su Fanpage) era salita sulla ribalta nazionale per la sospetta velocità con cui l’iter burocratico (seguito dal Comune di Crotone, dalla Provincia e dalla Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici guidata da Mario Pagano) era filato liscio nonché per l’impianto costruttivo che pareva ben lontano da quello autorizzato.
Una vicenda che affonda le radici nel lontano 31 agosto del 2006 e che ha in Margherita Corrado, un’archeologa e attivista della zona, la principale voce di denuncia che si è scagliata per prima contro lo scempio di uno dei più paesaggi della Calabria. Era stata proprio la Corrado a redigere un corposo dossier che provava a sottolineare tutte le incongruenze sia della ditta costruttrice sia degli organi di controllo; deve averci visto bene, la Corrado, se nel febbraio scorso la Procura di Crotone ha deciso di emanare un provvedimento di sequestro “finalizzato – scrisse il PM Gaetano Bono e il Procuratore di Crotone Giuseppe Capoccia – a interrompere la lottizzazione abusiva e a tutelare la struggente bellezza di un’area fino ad oggi rimasta intatta e identica a quella che gli antichi coloni greci avvistarono dalle proprie navi, scegliendola come luogo di fondazione di Kroton”.
In un Paese normale un’appassionata archeologa che decide di mettersi in prima linea per la difesa del territorio in cui vive sarebbe un talento (e un’etica) da conservare con cura, a cui va la gratitudine di tutta una comunità: a Crotone invece Margherita Corrado non potrà più avere collaborazioni con la Soprintendenza, così ha voluto proprio quel Mario Pagano Soprintendente finito tra gli indagati. L’ha scritto nero su bianco, Pagano, in una “disposizione” indirizzata al Ministero, ai funzionari archeologi e a tutti i tecnici di Cosenza, Catanzaro e Crotone: «Con la presente si porta a conoscenza delle loro signorie che la professionista archeologa di cui all’oggetto risulta incompatibile con qualsiasi lavoro, la cui vigilanza spetti a questo ufficio, in quanto è in corso un procedimento penale presso la Procura di Torre Annunziata (Napoli) per diffamazione grave nei confronti del sottoscritto, soprintendente pro tempore di questo ufficio. Pertanto, detta professionista, allo stato non può ricevere incarichi professionali che debbano essere conferiti o sottoposti a valutazione da questa Soprintendenza. Si invitano pertanto le loro signorie ad attenersi scrupolosamente a detta disposizione». Un vero e proprio “editto” che potrebbe avere conseguenze pesantissime per il futuro professionale dell’archeologa.
«Non pensavo potesse spingersi a tanto», ha risposto Margherita Corrado apprendendo dai giornali locali della “fatwa” contro di lei: «Di fatto – dice l’archeologa – non posso più lavorare né con la Soprintendenza e neppure con i privati le cui attività sono sottoposte alla vigilanza della Soprintendenza… Tutto è cominciato già tre anni fa, con il caso di Capo Colonna che non mi ha fatto certo amare da alcuni funzionari. Mai però avrei pensato che si potesse arrivare ad un provvedimento così discriminatorio». E chiude: «Forse a Roma dovrebbero farsi qualche domanda su questo soprintendente. E sulle persone che vengono inviate in zone delicate come la Calabria».
Fonte Web a cura di Giulio Cavalli