La legge elettorale va fatta entro luglio, altrimenti non si fa più e si va a votare con il sistema attuale che prevede, al Senato, le preferenze e lo sbarramento all’8%. Matteo Renzi ne è convinto e lo va ripetendo a chi ci parla in queste ore. L’obiettivo non è votare a settembre-ottobre, cosa che secondo il segretario Pd pure sarebbe possibile senza finire in esercizio provvisorio (“Votano Germania e Austria”, ripete da giorni), ma appunto evitare che la riforma elettorale finisca su un binario morto e si debba andare a elezioni con il meccanismo uscito dalle sentenze della Consulta. Andare oltre l’estate, è il ragionamento del leader Pd, significherebbe sovrapporre il dibattito sulla legge elettorale alla sessione di bilancio, con il rischio di non riuscire ad approvare un nuovo sistema di voto prima delle elezioni, che a scadenza naturale saranno nella prossima primavera.
Le accuse di inciucio arrivate dopo le voci di una possibile intesa con Fi sul modello tedesco non preoccupano Renzi, il segretario Pd a chi ci ha parlato ha ripetuto la battuta fatta già in passato: “Mi sembra come ‘Cara ti amo’, la canzone di ‘Elio e le storie tese’”. Un testo che parla di una fidanzata che dice sempre il contrario di quello che propone il fidanzato. In questo caso, ovviamente, Renzi e il Pd sarebbero nella parte del fidanzato che viene sempre stoppato, anche quando prova ad assecondare la precedente richiesta della compagna.
Fare presto, insiste Renzi nei suoi colloqui, non vuol dire affatto voler andare a votare, non è questo l’obiettivo del Pd, anche se il tema “esiste” e la scadenza della legge di bilancio non sarebbe un ostacolo. Ma il punto è, come detto, un altro: evitare lo stallo sulla legge elettorale.
Il ragionamento che l’ex premier va ripetendo sulla legge elettorale, e che farà martedì prossimo in direzione, è semplice: per approvarla ci vogliono i numeri, il Rosatellum rischia di non passare al Senato e dunque bisogna verificare esattamente la posizione delle varie forze politiche, sapendo che se poi il Rosatellum non passa ci si ferma lì, non ci sarebbero i tempi per ricominciare da capo per l’ennesima volta su un nuovo testo. Un modo per dire che non è il caso di dividersi tra tedesco e Rosatellum se si vuole fare la riforma.
Per questo Renzi vuole incontrare tutti i partiti prima della direzione Pd del 30: al parlamentino del partito il segretario vuole presentare la fotografia della situazione. L’idea è, appunto, quella di proporre di andare avanti con il testo base votato ieri alla Camera, a meno che non emergano quelle che il le
ader Pd chiama “novità sconvolgenti”.
Renzi, però, chiarirà in direzione che a suo giudizio la differenza tra il Rosatellum e il tedesco non è poi così grande come qualcuno racconta: le schede di voto sono simili, in entrambi i casi metà dei parlamentari sarebbero eletti nei collegi uninominali e l’unica vera variabile sarebbe il meccanismo di distribuzione dei seggi, totalmente proporzionale nel tedesco e maggioritario per metà nel Rosatellum. Una differenza che comunque, è convinto Renzi, non garantisce la certezza di avere un vincitore e “il tema della larga intesa dopo il voto ci sarebbe comunque”.
Insomma, se si vuole portare a casa la legge elettorale non ha senso fare guerre di religione tra Rosatellum e sistema tedesco, perché il problema di fare larghe intese dopo il voto esiste con entrambi i sistemi. Lo stesso vale con l’Italicum corretto, che prevede un premio solo se si supera il 40%: sopra quella soglia, ricorda Renzi ai suoi interlocutori, anche col proporzionale alla tedesca si ha quasi la certezza di una maggioranza, perché “l’unico modo per evitare le larghe intese è il ballottaggio…”. Dunque “bisogna evitare la sindrome ‘Cara ti amo’, cioè la tentazione di dire no a qualunque sistema venga proposto, se si vuole arrivare a un risultato. “Gli stessi che mi hanno accusato di deriva autoritaria perché avevo messo il ballottaggio ora dicono che voglio l’inciucio”, è il commento di Renzi.
Renzi, secondo quanto viene riferito, non dispera che un’intesa si trovi, anche perché il mantenimento del sistema attualmente in vigore non conviene quasi a nessuno, tranne proprio il Pd. Se entro luglio non si fa la legge, è il convincimento del leader democratico, si andrà a votare col meccanismo emerso dalle sentenze della Corte costituzionale, magari ritoccato con un decreto appena prima che le Camere vengano sciolte: correzioni “tecniche”, come quelle sulla parità di genere o sulla dimensioni dei collegi, che certo non potrebbero riguardare temi prettamente politici come la soglia di sbarramento o le preferenze. E la soglia di sbarramento, ricorda Renzi perfidamente, al Senato è all’8% (“La cambierei col premio di maggioranza sopra il 40%”, ha detto ai suoi tra il serio e il faceto). Quanto alle preferenze, il leader Pd non le teme ma è convinto che non vadano bene a M5s, “visto che molti suoi leader sono stati eletti con pochi voti sul web. Io sto sulle scatole a molti, ma ci sono anche tanti che Renzi sulla scheda lo scrivono…”.
Legare il dibattito sulla legge elettorale alle elezioni è sbagliato, insiste Renzi in queste ore con i suoi interlocutori. Il tema “esiste”, ma non ha a che fare con la riforma elettorale e tantomeno con le ambizioni di Renzi (“Sono segretario per i prossimi quattro anni, un mese in prima o dopo cambia poco”) semmai andrebbe fatta una valutazione su cosa è meglio per il Paese.
Di sicuro, l’ex premier è convinto che non ci sia un rischio di esercizio provvisorio, perché anche Paesi come Germania e Austria votano in autunno. Un governo in carica ci sarebbe comunque, è il ragionamento, e la legge di bilancio verrebbe scritta e mandata a Bruxelles nei tempi dovuti. Ma, appunto, questo è un discorso a parte, perché ormai nessuno sembra davvero volere andare a votare e Renzi assicura i suoi di essersi messo l’anima in pace da mesi,per quanto lo riguarda.
Fonte Ascanews