È morto in Gran Bretagna a 91 anni il sociologo e filosofo polacco Zygmunt Bauman. Lo riferisce la stampa polacca. Bauman acquisì notorietà mondiale descrivendo la realtà postmoderna contemporanea in termini di “società liquida”, opposta alla “società solida” del modernismo. Era professore emerito dell’università di Leeds, dove era arrivato nel 1971 e dove fino al 1990 aveva diretto il dipartimento di Sociologia. Aveva insegnato anche, tra le altre, nelle università di Canberra, Copenaghen e Berkeley e Yale. Nato nel 1925 a Poznan in una famiglia ebrea polacca, aveva trascorso gli anni di guerra in Unione sovietica. Dopo la guerra, iniziò a studiare sociologia all’Università di Varsavia. Durante una permanenza alla London School of Economics, preparò una tesi sul socialismo britannico che fu pubblicata nel 1959. Bauman inizialmente rimase vicino al marxismo-leninismo ufficiale, per poi avvicinarsi ad Antonio Gramsci e Georg Simmel, soprattutto dopo il 1956 e la destalinizzazione. Nel marzo del 1968, la ripresa dell’antisemitismo spinse molti ebrei polacchi a emigrare all’estero. Bauman, che aveva perso la sua cattedra all’Università di Varsavia, fu uno di questi. Insegnò ad Haifa e Tel Aviv prima di giungere a Leeds dove ottenne anche cittadinanza britannica. Nel 1989 gli fu attribuito il premio Amalfi per la sociologia e le scienze sociali, nel 1998 ottenne il premio Theodor Adorno della città di Francoforte. Tra le sue opere più note, “Dentro la globalizzazione – le conseguenze sulle persone”, “La solitudine del cittadino globale”, “Modernità liquida”. “La società sotto assedio” – ASCA
A ricordare Zygmunt Bauman è anche e soprattutto il mondo della Rete e da Facebook raccogliamo la riflessione di Paolo Callari che del sociologo ci ricorda un pensiero che tarderà per davvero a trovare l’estinzione del suo senso.
Lo Stato si priva di una sempre più grande dose della sua potenza autarchica, e quindi diventa incapace di assumersi l’insieme delle sue funzioni. Lo Stato, per dovere, ma con l’entusiasmo degno di una causa migliore, delega i propri compiti, anzi lì dà “in affitto” alle forze di mercato, che sono anonime, prive di un volto. Di conseguenza i compiti che sono vitali per il funzionamenti e il futuro della società sfuggono alla supervisione della politica e quindi a ogni controllo democratico. Il risultato: si affievolisce il senso di comunità e si frantuma la solidarietà sociale. Se non fosse per la paura degli immigrati e dei terroristi, l’idea stessa dello Stato come un bene comune e una comunità di cittadini sarebbe fallita.