Massima allerta attorno alla sicurezza del procuratore aggiunto Nicola Gratteri, già da anni costretto ad una vita blindata, dopo un oscuro ed inquietante episodio avvenuto mercoledì scorso a Messina dove risiede, per motivi di studio, uno dei figli del noto magistrato. Secondo quanto si è riusciti ad apprendere, ignoti hanno citofonato all’appartamento occupato dal figlio di Gratteri che si trova al terzo piano di un stabile nel centro storico di Messina a ridosso della cittadella universitaria. Al giovane, è stato chiesto di aprire il portone, alla richiesta di chi stesse parlando al citofono, è stato risposto: “Siamo della polizia, aprite”. Pochi minuti dopo, non vedendo arrivare nessuno, il figlio del magistrato si è affacciato sul pianerottolo, giusto il tempo per notare due individui con il volto coperto da un passamontagna mentre scendevano le scale arrivando dal piano superiore. A quel punto lo studente tornava in casa chiudeva bene il portone ed informava subito il padre. L’episodio veniva subito dopo denunciato alla polizia di Stato e partivano le prime indagini ed i primi accertamenti. Nessuna ipotesi viene al momento scartata, chiaramente però quella che più viene tenuta in considerazione porta ad un tentativo d’intimidazione da parte della ‘ndrangheta. L’incursione dei due giovinastri con tanto di passamontagna, il fatto che abbiano citofonato proprio all’interno occupato dal figlio di Gratteri e l’essersi qualificati come agenti della polizia, finisce con il lasciare poco spazio alla casualità dell’episodio. Del resto Nicola Gratteri è uno dei magistrati più esposti del Paese. Le sue indagini incidono pesantemente sui bilanci dei narcotrafficanti con tonnellate di cocaina purissima sequestrate al termine di indagini condotte non solo in Italia ed in Europa ma anche direttamente nei luoghi di produzione. È di alcune settimane addietro l’arresto in Costarica di narcotrafficanti italiani ed è la prima volta che provvedimenti di cattura emesse dalla magistratura italiana vengono eseguiti dalle autorità del Costarica senza lungaggini e senza rogatorie. Anche sul fronte dei rapporti tra ‘ndrangheta e politica, molte inchieste firmate da Gratteri hanno lasciato e lasciano il segno mentre, per contro, non pochi tentativi di delegittimarne l’attività attraverso campagne di stampa hanno lasciato inalterata la credibilità del lavoro investigativo di Gratteri. Al grande pubblico, il magistrato reggino è noto anche per una serie di libri scritti, in presa diretta, sui riti di affiliazione e sull’evoluzione del fenomeno criminale rappresentato dalla ‘ndrangheta. Di questo e delle ragioni per le quali mantiene una dura posizione contro ogni depenalizzazione dei reati connessi con l’uso ed il traffico degli stupefacenti, Nicola Gratteri discute e si confronta con le scuole, il mondo universitario nelle sedi più disparate di approfondimento civico e culturale. Matteo Renzi nel varare il suo governo lo avrebbe voluto ministro della Giustizia: lo interessano molto alcune innovazioni che il magistrato intendeva apportare all’ordinamento soprattutto per adeguare ai nuovi mutamenti sociali procedure ancora vecchie e farraginose attraverso l’introduzione della notifica con moduli informativi ed il massiccio ricorso alle videoconferenze per evitare defatiganti e pericolose traduzioni di detenuti. Tramontata la possibilità di averlo nel suo governo, Renzi gli ha affidato la presidenza di una commissione tecnico-scientifica che elaborasse un pacchetto di riforme del diritto e della procedura penale, lavoro che è stato concluso nei tempi previsti e consegnato al governo che già in parte sta applicando molte delle proposte venute dalla commissione Gratteri. Già in passato carabinieri e polizia hanno sventato tentativi di colpire il magistrato inquirente, in qualche caso anche grazie alle tempestive segnalazioni venute da alcuni collaboratori di giustizia. In queste settimane, poi, si parla di Nicola Gratteri anche con riferimento alla nomina a procuratore capo presso la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ed il suo nome resta anche nella ristretta rosa di ‘selezionati’ da parte del Consiglio superiore della magistratura per la scelta del nuovo procuratore capo di Milano.
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