Bruxelles, 26 set. (askanews) – L’Unione Europea era stata avvisata due anni fa della possibilità, da parte dei costruttori di auto, di “mascherare” le emissioni, alterandone i valori per renderli compatibili con i limiti imposti dalle norme in materia. Il Centro comune di ricerca della Commissione europea (Jrc), che ha sede a Ispra (Varese) aveva infatti allertato in un suo rapporto del 2013 l’Esecutivo comunitario sulla grave discrepanza riscontrata nell’Ue fra i livelli di emissioni di ossidi d’azoto (NOx) delle autovetture nei test di laboratorio e quelli riscontrati in condizioni reali su strada, avvertendo anche che era possibile che fossero installati nei motori eventuali “defeat device” (i software per manipolare i test scoperti nello scandalo Volkswagen), anche perché il Regolamento Ue del 2007 che li proibiva (Ce 715/2007) contiene delle “eccezioni” che “lasciano spazio a interpretazioni”.
Il Jrc non si spingeva a raccomandare alla Commissione un’iniziativa per rilevare la presenza di possibili “defeat device” installati nelle auto, perché, notava, questo non era “in senso stretto, nel mandato del suo studio”, ma sottolineava comunque che nuovi test “su strada” invece che in laboratorio avrebbero reso “difficile in pratica, se non impossibile” l’uso di questi dispositivi. Il rapporto del Jrc (“A complementary emissions test for light-duty vehicles: Assessing the technical feasibility of candidate procedures”) è disponibile nel sito web del Centro di ricerca: http://publications.jrc.ec.europa.eu/repository/bitstream/JRC75998 /ld-na-25572-en-n_online.pdf .
L'”avvertimento” sui “defeat device”, menzionati ripetutamente, è nel box 2, a pag.31. E’ proprio sulla base di quel rapporto del Jrc che la Commissione europea aveva deciso di proporre l’obbligo per le autorità di omologazione degli Stati membri di effettuare i test per le emissioni su strada, in “condizioni reali di guida” (“Real Driving Emission”, Rde) a partire dall’inizio del 2016, ma inizialmente solo a fini di monitoraggio. La proposta è stata adottata dall’Ue nel maggio scorso.
La Commissione propone di usare effettivamente i test Rde per omologare i nuovi modelli a partire dall’autunno del 2017, e per verificare il rispetto dei limiti per le emissioni di tutte le nuove auto a partire dall’autunno 2018. La Commissione, dunque, non ha aspettato lo scandalo Volkswagen per agire nel senso di migliorare l’efficacia e l’affidabilità dei metodi di misurazione delle emissioni inquinanti, essendo a consocenza anche da prima del rapporto del Jrc, fin dal 2010, delle discrepanze (accertate per livelli di emissioni fino al 20% più alti) fra i test in laboratorio e quelli in condizioni reali.
Resta da chiedersi, tuttavia, come mai sia rimasto senza conseguenze l’avvertimento del Jrc sulla possibile presenza nei motori di software in grado di manipolare i test. L’Esecutivo comunitario avrebbe agito altrimenti, raccomandando alle autorità nazionali di omologazione di cercare attivamente i software truccati nei motori delle auto, se non ci fossero state le forti pressioni sulle istituzioni euoropee e sugli Stati membri da parte delle lobby dell’industria automobilistica, e soprattutto di quella tedesca, notoriamente molto influente a Bruxelles?