E’ più che giusto preoccuparsi attese le cortissime distanze che separano l’Italia dai terrotisti dell’ISIS che potrebbero attaccare l’Italia anche solo per dimostrare che la loro presenza a Roma fa parte davvero dei loro piani. I miliziani dello Stato islamico in Libia potrebbero lanciare missili verso l’Italia e per questo e’ necessario rafforzare i dispositivi di difesa nel sud del Paese. Lo ha affermato, in un’intervista all’AGI, il responsabile di ricerca Sicurezza e Difesa dell’Istituto Affari Internazionali (Iai), Alessandro Marrone. In Libia “ci sono 1.500 gruppi armati che hanno a disposizione arsenali sostanziosi, molto piu’ numerosi rispetto a quelli che erano in possesso dei talebani in Afghanistan”, ha spiegato l’esperto. “C’e’ il rischio che dei missili vengano lanciati verso l’Italia, ma che siano in grado di raggiungere la Sicilia e di eludere la difesa antimissile e’ tutto da vedere”, ha spiegato Marrone. “In Italia manteniamo gli standard di difesa della Nato, con un’integrazione di stazioni radar e intercettori, ma dobbiamo anche ricordare che le forze armate vengono da anni di tagli alla Difesa e non si possono comprare dispositivi da un giorno all’altro nell’evenienza di una crisi”, come quella libica. Se si decidesse di intervenire militarmente, secondo l’esperto di Difesa, “e’ escluso che si possano ottenere risultati significativi solo con raid aerei”, come nel 2011: l’unica possibilita’ sarebbe un’operazione di terra “che rischia, se le cose vanno male, di provocare piu’ vittime tra i soldati italiani rispetto all’Afghanistan, in un lasso di tempo piu’ breve”. “Qualunque missione deve comunque essere preceduta da un accordo con gli attori regionali ed e’ necessaria una preparazione politica e diplomatica, altrimenti e’ destinata al fallimento”, ha spiegato Marrone. Il Paese nordafricano e’ diventato un “porto franco del terrorismo, non c’e’ piu’ controllo del territorio e passano di li’ armi, droga e migranti”. .