di Alessandro Corneli /
Dopo aver precisato che “a me Renzi non ispira molta fiducia né come segretario del Pd né come eventuale presidente del Consiglio” ma che comunque deve restare al suo posto anche se il Parlamento modificasse la proposta di legge elettorale, Eugenio Scalfari scrive oggi che “la legge da lui (Renzi – ndr) presentata è assai poco accettabile”.
Il fondatore di Repubblica ne ha capito bene il senso: trasforma in portatori d’acqua, senza rappresentanza parlamentare, i piccoli partiti, a tutto vantaggio dei due maggiori (Pd e Fi) e dl M5S. Allora detta la sua legge, che si riassume in pochi punti:
– Collegi uninominali (quindi niente preferenze e su questo concorda con Renzi)
– Premio di maggioranza al 40%
– Abolizione della soglia del 5% o abbassarla al 3% e, in proporzione, abbassando anche la soglia dell’8%.
Se Berlusconi non ci sta, afferma Scalfari, Renzi si rimetta al Parlamento e trovi una maggioranza fatta di parlamentari di buona volontà.
QUALCHE OSSERVAZIONE
– Nei collegi uninominali prende il seggio chi ottiene più voti. Quindi anche con il 30% in quelli più combattuti e con più contendenti forti. Può accadere, in teoria, che un partito sia il più forte, anche di poco, in tutti i collegi: in questo caso ottiene tutti i seggi del Parlamento. Non accade, ma anche per questo l’uninominale è meglio a due turni: al secondo turno il vincitore raccoglie su di sé un consenso un po’ più ampio che lo legittima meglio. Poiché ogni partito presenta un solo candidato, il voto di preferenza è escluso. E questo candidato lo presenta la segreteria del partito, tenuto conto della specifica situazione di ogni collegio. Con questo suggerimento, Scalfari distribuisce il potere nel Pd tra Renzi e i cacicchi locali.
– Se si adotta l’uninominale, che significa il premio di maggioranza? Qui la confusione è totale. Lo si dà a chi ha vinto il 40% dei collegi? In che misura? Per arrivare ai famosi 340 seggi alla Camera? Andandoli a prendere tra i meglio piazzati del partito che ha vinto nel 40% dei collegi?
– L’abbassamento delle soglie – al 3% ed eventualmente al 6% – non ha niente a che vedere con i collegi uninominali, ma solo con le coalizioni che possono aspirare al premio di maggioranza e ripartirlo in modo più equanime, evitando che gli alleati del partito maggiore si riducano a portatori d’acqua senza rappresentanza parlamentare.
Quindi: l’intervento di Scalfari non è costruttivo, salvo l’ipotesi di collegi uninominali secchi senza altri corollari. È solo un aiutino (politico) a chi vuole modificare, in Parlamento, il meccanismo bloccato (e pro domo sua) escogitato da Renzi. Ma anche un modo per infilare un cuneo tra Renzi e Berlusconi.
Sul sistema elettorale è intervenuto anche Giovanni Sartori sul Corriere della Sera. Sartori parla dei piccoli partiti e dei loro alti lamenti, ma, dice il decano dei politologi, “la salute della politica esige che spariscano, e quando non ci sono più il dramma sparisce”. Poi se la prende con il doppio turno di coalizione perché gli sembra “molto discutibile” che una coalizione minoritaria che prende il 35% dei voti si premi con il premio e diventi maggioritaria.