a cura di Giovanni Borrelli
Il Prof. Umberto Veronesi con l’ultima pubblicazione dal titolo “Credo nell’ uomo, non in Dio”, avvalendosi delle proprie conoscenze scientifiche, cui conferisce piena verità, rinnega l’ipotesi dell’esistenza di Dio, nonostante il passato cattolico, asserendo che non è dimostrabile attraverso l’applicazione del metodo scientifico.
L’opera si incentra, così, sulla esclusiva validità dell’etica laica che, a suo dire, ricusa ogni possibilità di percorso comune con l’etica cristiana, essendo del tutto libera e non condizionata da promesse o castighi riportati nel messaggio evangelico.
Il famoso oncologo, una volta cattolico praticante, intende, a fine carriera, fare il punto sul proprio pensiero ricusando fermamente ciò che Dio gli ha dato, per sostenere come solo la piena accettazione del nulla abbia valenza, come attesterebbero alcuni suoi pazienti terminali da lui curati.
Tale riflessione, che potremmo anche essa definire terminale, anticipata dal medico scienziato in molteplici interviste, ci lascia non poco perplessi, non tanto per il netto rifiuto dell’Assoluto, senza riserve di dubbio, che denota una scarsa competenza filosofica, teologica ed in parte anche scientifica, ma soprattutto perché, asserendo dall’alto della sua fama, apoditticamente, che Dio costituisce un fantasma soggettivo che scaccia l’uomo e reprime la scienza, si finisce per far sprofondare, quei pochi suoi pazienti credenti sulla soglia del trapasso, in una angoscia ancora più tremenda e disperata.
Peccato che non si possa avere con i malati che hanno riposto in lui la speranza, un dialogo diverso, idoneo a far loro comprendere che anche uno scienziato di fama, può commettere errori di valutazione, specialmente di carattere etico allorché omette di ricordare soprattutto gli insegnamenti di Socrate e di Ippocrate ed il dubbio cartesiano, finendo così per cadere nella presuntuosa teologia della scienza che ritiene spocchiosamente che solo l’etica laicista e non laica sia accettabile, obliterando l’illuminismo di Kant per ripetere stantie e superate ipotesi positiviste attualmente di carattere naturalistico, ormai desuete.