di Alessandro Corneli – www.grrg.eu –
Al meeting di Rimini, Enrico Letta ha ratificato, per quello che gli può competere, il presidenzialismo di fatto che “ha cambiato la storia del nostro Paese”. Ma questo è secondario. Sul piano politico, ha detto tre cose:
– “La legge elettorale è il cambiamento più urgente”
– “Gli italiani puniranno tutti quelli che anteporranno i loro interessi a quello comune che è quello dell’uscita dalla crisi”.
– ”Nessuno interrompa questo percorso di speranza che abbiamo cominciato per uscire dalla crisi”.
Non c’è dubbio che la prima preoccupazione e il primo obiettivo di Letta sia di continuare a governare con questa maggioranza. A tal fine, vale l’avvertimento, implicito ma trasparente, a Berlusconi e al Pdl: non s’illudano di vincere le elezioni se faranno cadere il Governo; gli elettori non li seguirebbero. È probabile che Berlusconi, anche se a malincuore, condivida questa analisi. La fase di attesa per definire le conseguenze della sua condanna sono destinate a stancarlo e/o a provocare reazioni disordinate e controproducenti.
Allora, perché tanta fretta per una nuova legge elettorale? Si sa che, anche in caso di crisi di governo, Napolitano non scioglierebbe le Camere se fosse ancora in vigore l’attuale legge elettorale: e questa è anche una garanzia per il governo Letta. Ma se tra pochi mesi ci fosse una nuova legge, in caso di crisi si andrebbe a elezioni anticipate. È logico che Letta prema per l’approvazione di una riforma che potrebbe incoraggiare il Pdl a provocare una crisi e andare alle elezioni anticipate?
Non è logico. A meno che Letta ritenga difficile l’accordo su una nuova legge elettorale. Inoltre il Pd, che gode di una larga maggioranza alla Camera grazie al premio, non ha nessuna intenzione di sottoporsi a breve scadenza a una nuova prova elettorale. Per di più: con quale candidato premier? Letta o Renzi?
Risulta evidente che la spinta di Letta sulla riforma elettorale è per la platea politica, è a futura memoria, è utile al dibattito quotidiano, ma non corrisponde a una reale intenzione. Inoltre allunga la protezione di Napolitano al Governo e allenta la pressione di Matteo Renzi.
Questa è politica. Come politica è la dichiarazione di Letta sulla finanza: ”Per un nuovo inizio c’è bisogno che si rimetta la finanza al proprio posto, la crisi è nata perché la finanza è uscita dal proprio ruolo ed è diventata al centro di tutto. Dobbiamo fare la lotta ai paradisi fiscali”. O sulle tasse: “le tasse dovranno scendere nel modo giusto”. O sulla crisi: ”l’uscita dalla crisi è a portata di mano”. E altri luoghi comuni sull’Europa, sulle virtù dell’Italia nonostante la propensione al conflitto tra guelfi e ghibellini.
Insomma, un Enrico Letta fiducioso nella possibilità di andare avanti e restare in sella, convinto che il tempo giochi a suo favore e logori “chi il potere non ce l’ha”, cioè Berlusconi, da una parte, e Grillo e Renzi, dall’altra parte. Nelle prossime settimane e nei prossimi mesi bisognerà concentrare l’attenzione sui movimenti interni del Pdl e la sua prossima riedizione come Forza Italia.