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lunedì, Novembre 25, 2024

Un ALIENO ai Parioli: Alessandro Corneli. Le Fondazioni Bancarie e l’Ircocervo di Amato

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Il Professore Alessandro Corneli - esperto in Relazioni internazionali e geopolitica, Strategia globale, Analisi previsionale.
Il Professore Alessandro Corneli - esperto in Relazioni internazionali e geopolitica, Strategia globale, Analisi previsionale.

Roma: Fabio Gallo incontra un Alieno ai Parioli. Cari amici, come sapete raramente interferisco con le attività del Gruppo ComunicareITALIA di cui mi pregio essere Direttore Editoriale. Ma questa notizia è destinata a modificare il nostro pensiero, il nostro modo di vedere le cose, di rivolgere il nostro sguardo al futuro. Per il bene comune. Penso dobbiamo riflettere molto sul contenuto di questo articolo che, probabilmente, ci lascerà intuire perché i partiti si combattono occupando tutti gli spazi che potrebbero, invece, essere destinati alla produttività delle Aziende italiane e al mercato del lavoro, senza parlare realmente di programmi concreti. Sicuramente avrete fatto caso che i termini “IMU”, e “TASSE” sulla prima casa, sono i più inflazionati. Nella realtà non vi è speranza, nei programmi di nessun partito, di travare un vero progetto di riforma di una società profondamente piagata da una moltidudine di ingiustizie sociali assumono la forma spettrale di un grande e pericoloso serpente che morde con ferocia e veleno mortale se stesso.

GLI ALIENI SONO SULLA TERRA. NE HO CONOSCIUTO UNO.
Abbiamo recentemente ascoltato Medvedev affermare che gli Alieni sono sulla terra. Anche Putin lo ha confermato chiedendo al suo collega Presidente Obama di fare il primo annuncio. Non potevamo farci sfuggire l’occasione e, se per “alieni” intendiamo esseri dotati di intelligenza superiore e capaci di concederci un salto nella conoscenza tale da salvare quanto rimane della nostra Economia, allora noi de IL PARLAMENTARE.IT, non attenderemo che sia Obama ad annunciare il grande evento.
Oggi, infatti, vi presentiamo un Alieno vero! Il suo nome terrestre è Alessandro Corneli e per anni, incredibile a credersi, si è mascherato da Professore Universitario, esperto in Relazioni internazionali, Geopolitica, Strategia globale, Analisi previsionale. In verità, chi ha studiato con lui ne parlava già lasciando intendere che qualcosa di strano il Professore avesse; mai, però, fino a dovere prendere atto che si trattasse proprio di un Alieno.

Ho avuto l’onore di incontralo e lui, diversamente da come fanno gli umani, ci ha subito ricevuti in uno studio pieno di libri e di entusiasmo per un’Italia migliore, degna della sua Storia.
Non possiamo nascondere l’emozione ma una volta innanzi al Professore e messi a nostro agio, gli ho rivolto la domanda che tutti oggi, imprenditori, cittadini, giovani, insomma tutti gli esseri viventi avrebbero voluto rivolgere ad un Alieno:

PROF. ALESSANDRO CORNELI, CI FACCIA CAPIRE COSA SONO QUESTE FONDAZIONI BANCARIE
L’Alieno ha così risposto:

“Il loro inventore, Giuliano Amato, oggi particolarmente silenzioso sulla vicenda MPS, le definì “ircocervo”: un essere ambiguo, per metà caprone e per metà cervo, ma dalle grandi potenzialità. Per capire come e perché nacquero le fondazioni bancarie, e come e perché Giuliano Amato vi salì sopra come su un tappeto volante, e quale è stata la loro influenza sul progressivo declino dell’Italia, bisogna proiettare la vicenda sul suo specifico sfondo storico.

A livello mondiale, gli anni ’80 rappresentavano il rilancio del liberismo economico che voleva seppellire il keynesianesimo: meno Stato, privatizzazioni, liberalizzazioni, deregolazione e finanza creativa per “dare mercato” alla libera circolazione dei capitali. A livello europeo, la Commissione spingeva per realizzare il mercato unico fondato sulla libera circolazione anche dei capitali e, in nome della concorrenza, chiedeva la fine degli “aiuti di Stato”, in pratica la privatizzazione di quei settori economici – industriali ma anche finanziari come le banche – che erano di proprietà o a partecipazione pubblica e quindi “naturalmente” beneficiari di aiuti pubblici che falsavano il principio di concorrenza e la logica di mercato.

L’Italia aveva una grossa fetta di economia pubblica, industriale e finanziaria, ma aveva già pensato bene (cioè male) di appendersi mani e piedi a un crescente debito pubblico che consentiva al consociativismo politico-sindacale di governare il Paese distribuendo a piene mani risorse del futuro per sostenere la spesa corrente, imprese deficitarie, l’occupazione, il reddito e quindi la pace sociale (e i voti ai partiti). In quelle condizioni, sarebbe stato impossibile entrare a far parte della progettata unione economico-finanziaria europea. Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, tre problemi da risolvere si presentavano quindi allo stesso tempo:

 – Risanare i conti dello Stato;
 – Privatizzare industrie e banche secondo le indicazioni dell’Europa;
 – Gestire il già enorme debito pubblico.

 Giuliano Amato, già in orbita socialista dopo un giovanile passaggio in Cgil, stretto collaboratore di Bettino Craxi, si era già fatto notare per la sua competenza nel campo del diritto pubblico. Egli aveva capito che il moderno consigliere del Principe deve avere una profonda competenza giuridica: deve sapere tradurre in norme/leggi/regolamenti le volontà e gli interessi politici. Aveva capito che il potere stava nella finanza e sapeva che i tre obiettivi sopra ricordati, a seconda del modo in cui sarebbero stati raggiunti, avrebbero rivoluzionato gli assetti di potere in Italia.

 Il dilemma era: privilegiare gli interessi della politica oppure accettare fino in fondo la logica liberista allora dominante e aiutare il sistema economico italiano a passare da una forte presenza dello Stato a una presenza più leggera e irrobustire la propria competitività?

Non ebbe dubbi: scelse la prima soluzione, modificata all’italiana: privatizzare, favorendo acquisizioni a buon mercato da parte dei più forti soggetti economici, ma allo stesso tempo conservare un ampio margine di manovra al potere politico. Sapeva che privatizzare le industrie, e specie le buone industrie, sarebbe stato facile. Più complicato il settore bancario. A questo punto sfornò la grande idea: le fondazioni bancarie.

In un Paese come il nostro, dalla grande tradizione giuridica, non è difficile fare leggi abbastanza ingegnose e quindi tali da essere non solo abbastanza elastiche nella loro applicazione, ma anche abbastanza arabescate per mascherare interessi particolari sotto roboanti obiettivi di interesse generale.

Aggiungo che un altro dato non era sfuggito all’innegabile intelligenza del personaggio: la progressiva dislocazione del potere dallo Stato centrale agli Enti territoriali. L’attivazione delle Regioni a statuto ordinario, a partire dal 1970, stava producendo i suoi effetti. Gli ingredienti della polpetta c’erano tutti e ne venne fuori la Legge 218/90 del 30 luglio 1990 sul riassetto del settore creditizio (con l’invenzione delle fondazioni bancarie) cui seguì il DL 356/90 del 20 novembre dello stesso anno. Secondo il giurista Francesco Galgano, scomparso il 6 febbraio 2012, l’operazione riuscì scippando alla Banca d’Italia la gestione della privatizzazione delle banche e portandola sotto il controllo della politica, attraverso la creazione delle fondazioni che finivano sotto il controllo delle forze sociali del territorio (cioè delle forze politiche dominanti nei singoli territori). Da notare che il ministro del Tesoro dell’epoca era Guido Carli, ex governatore della Banca d’Italia.

Amato riuscì in questo modo ad accontentare tutte le forze politiche/sociali, creando per loro, su tutto il territorio, delle casseforti (le fondazioni bancarie) in grado di erogare una vasta gamma di risorse che le forze politiche, in modo quasi sempre consociativo, avrebbero saputo “indirizzare” nel modo più “produttivo” per la politica stessa. Reazione entusiastica anche da parte degli Enti territoriali, a corto di risorse proprie poiché non era stato ancora riformato il Titolo V della Costituzione: a ciò avrebbe provveduto, appena undici anni dopo, nel 2001 (governo Amato agli sgoccioli) uno stretto alleato di Amato, Franco Bassanini, aprendo la voragine del deficit sanitario (forse che prima, in Italia, si moriva a grappoli?), e alimentando per vie incrociate il meccanismo dello spreco (e della corruzione), che è diventato ancora peggiore del debito pubblico, come dimostrano le recenti inchieste sugli sprechi e la corruzione di alcune importanti Regioni.

Amato non tardò a raccogliere i frutti di tanta intelligenza applicata agli interessi della politica, cioè dei politici, e della finanza. Meno di due anni dopo la 280/90, e precisamente il 28 giugno 1992, abbandonati i lidi craxiani, fu chiamato da Oscar Luigi Scalfaro a presiedere il Governo. Il suo governo sarà ricordato per la manovra lacrime e sangue da 93mila miliardi di lire e il prelievo del 6% da tutti i conti correnti bancari. Ma anche, a settembre successivo, per la svalutazione della lira, costretta a uscire dal Sistema monetario europeo, ma che rese più facili e più convenienti le privatizzazioni (e dette un po’ di respiro alle esportazioni). La manovra e le privatizzazioni erano il prezzo per entrare in Europa; la svalutazione fu un regalo alla speculazione (Ciampi era governatore della Banca d’Italia e bruciò nell’operazione le riserve faticosamente accumulate dal lavoro italiano).

Quanto al terzo punto – il debito pubblico – la classe dirigente italiana ha preso una pesante cantonata. Aveva pensato che esso sarebbe stato fatto proprio, e quindi garantito, dall’Unione economica e monetaria europea. Non fu così: ogni Paese fu costretto a tenersi il proprio debito e nei vent’anni successivi, il debito che era pari al 108% del Pil nel 1992, è salito fino al 126% attuale, superando la soglia dei 2mila miliardi di euro. Adesso ci riprova chiedendo gli eurobond.

DI CHI E’ LA COLPA
Colpa di chi? Dal punto di vista strutturale, tra il 1990 e il 1993, il sistema economico non fu messo nelle condizioni di prepararsi all’Unione economica e monetaria, in particolare né dal governo Amato né dal successivo governo Ciampi, che pure dichiaravano di lavorare per il risanamento e per l’Europa. Privatizzarono, ma non liberalizzarono. Così il sistema economico italiano ha dovuto arrangiarsi e, quando è esplosa la crisi finanziaria internazionale nel 2007, per tale imprevidenza strategica pregressa, si è trovato senz’armi.

 Dal punto di vista politico, è da segnalare che, dal primo governo Berlusconi insediato il 10 maggio 1994, alle dimissioni dello stesso Berlusconi il 16 novembre 2011, sono passati 221 mesi: di questi, Berlusconi ne ha passati 122 a Palazzo Chigi mentre tutti gli altri governi non berlusconiani sono stati al potere per 99 mesi, cui possiamo aggiungere i residui 4 mesi di Monti (fino a metà marzo prossimo) per complessivi 103 mesi. La responsabilità politica della non-soluzione dei problemi italiani è perciò da dividere in parti quasi uguali (se vogliamo essere pignoli: Berlusconi al 54,5% e gli altri il 45,5%). Con una considerazione aggiuntiva: che più passa il tempo, più i problemi si aggravano. E, come per la Grecia, ciò che per l’Italia poteva essere risolto nel triennio 1990-1993 sarebbe stato più facile di quello che si sarebbe dovuto risolvere nel triennio 2008-2010 nel pieno di una crisi finanziaria ed economica mondiale. Poi, la campagna elettorale è altra cosa”.

IL PARLAMENTARE.IT ringrazia il Professore Alesandro Corneli e tutti gli alieni che come lui, potrebbero salvare l’Italia con il potere dell’Intelligenza, senza raggio laser.
Vi invitiamo a consultare grrg.eu. Qui troverete molte storie di Alieni che portano nomi noti a tutti sia nel mondo della politica che dell’economia.

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