Secondo l’accusa, il magistrato avrebbe ricevuto dal clan Lampada almeno 71 mila euro e, avendo venduto alla ‘ndrangheta la propria funzione, avrebbe “violato i principi di imparzialità, probità e indipendenza”. L’arresto è stato eseguito dalle Squadre mobili di Milano e Reggio Calabria, che gli hanno notificato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip Giuseppe Gennari su richiesta della Direzione distrettuale antimafia
Giancarlo Giusti, gip presso il tribunale di Palmi e poi sospeso dal Consiglio superiore della magistratura, è stato arrestato per corruzione aggravata dalla finalità mafiosa nell’ambito dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Milano sul clan della ‘ndrangheta dei Lampada. Lo ha comunicato il procuratore della Repubblica di Milano Edmondo Bruti Liberati. Secondo l’accusa, il magistrato avrebbe ricevuto dal clan almeno 71 mila euro e, avendo venduto al clan della ‘ndrangheta la propria funzione, avrebbe “violato i principi di imparzialità, probità e indipendenza”. Giusti, 45 anni, è stato bloccato dalla polizia nella sua abitazione di Cittanova: l’arresto è stato eseguito dalle Squadre mobili di Milano e Reggio Calabria, che hanno notificato al giudice l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Milano su richiesta della Dda.
Nella nota firmata da Bruti Liberati si legge che “in data odierna, nell’ambito del procedimento Valle/Lampada, è stata notificata l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Milano”, Giuseppe Gennari, “nei confronti del dottor Giancarlo Giusti, magistrato, già in servizio presso il Tribunale di Reggio Calabria e quindi di Palmi, sospeso dalle funzioni con delibera della Sezione disciplinare del Csm”, lo scorso 16 dicembre. Giusti, stando al capo di imputazione, è accusato di corruzione “fino al giugno 2010” in concorso con il presunto boss della ‘ndrangheta calabrese radicata a Milano, Giulio Lampada. Il magistrato, infatti, in concorso anche “con persone non identificate” per “compiere e per aver compiuto atti contrari ai doveri d’ufficio, in palese violazione dei principi di imparzialità, probità e indipendenza tipici della funzione giudiziaria, si metteva a disposizione di Giulio Lampada”. Tale “mercimonio della funzione”, si legge nell’imputazione, “veniva posto in essere dal magistrato al fine di ricevere e dopo aver ricevuto le utilità economiche da Giulio Lampada e da soggetti a quest’ultimo collegati, tra cui Mario Giglio e Minasi Vincenzo per un valore complessivo di almeno 71 mila euro”. Il tutto con “l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di favorire l’associazione di tipo mafioso”.
La posizione di Giancarlo Giusti era da tempo sotto stretta osservazione da parte degli investigatori milanesi. Nella prima tranche dell’inchiesta erano emerse intercettazioni compromettenti a carico del giudice del Tribunale di Palmi, accusato di avere sfruttato l’amicizia con i Lampada per ottenere viaggi e soggiorni a Milano in resort molto costosi. Il tutto, sempre secondo l’accusa, in compagnia di avvenenti escort (una ventina il numero calcolato dagli investigatori milanesi) “offerte” dai fratelli Francesco e Giulio Lampada tra il 2008 e il 2009. Secondo diversi resoconti giornalistici, Giusti svolgeva funzioni di gip-gup al Tribunale di Palmi. In realtà, il magistrato non avrebbe mai esercitato la funzione di giudice per le indagini preliminari. Fino al giorno del blitz della mobile di Milano, il magistrato ha svolto le funzioni di giudice monocratico prevalentemente nella sezione di Cinquefrondi, sede distaccata del Tribunale di Palmi. Secondo indiscrezioni raccolte in ambienti giudiziari, il presidente del Tribunale di Palmi, Anna Maria Arena, avrebbe in effetti, in un primo momento, previsto per Giusti il trasferimento dalle funzioni di giudice monocratico a quelle di gip. Ma le notizie trapelate dalla Lombardia sul suo coinvolgimento nell’inchiesta milanese avrebbero bloccato l’assegnazione del nuovo incarico.
Lo scorso 30 novembre, nell’ambito dell’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dai pm Paolo Storari e Alessandra Dolci, era stato arrestato un altro magistrato, poi sospeso dal Csm, il presidente delle misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, Vincenzo Giuseppe Giglio. In carcere erano finite anche altre 8 persone: il cugino di Giglio, il medico Vincenzo Giglio, il consigliere regionale della Calabria Francesco Morelli (Pdl), l’avvocato Vincenzo Minasi, il maresciallo della Guardia di Finanza Luigi Mongelli e un ‘fedelissimo’, Raffaele Fermino. E poi anche Giulio Lampada, “il regista di tutte le operazioni” e il fratello Francesco, gestori di bar e locali e veri e propri imprenditori nel settore dei giochi di azzardo, la moglie di quest’ultimo Maria Valle (lei però ai domiciliari) e suo fratello Leonardo, l’unico componente “spendibile della famiglia all’esterno”.
Per tutti il processo con rito immediato comincerà nelle prossime settimane. Il 27 gennaio scorso, poi, erano stati arrestati anche 3 finanzieri e il direttore del lussuoso hotel milanese ‘Brun’, accusato di favoreggiamento personale. In quell’albergo, secondo l’accusa, Giusti avrebbe soggiornato pagato dalla cosca e incontrato escort.