Il presidente Monti fa dell’ironia sul posto fisso, dicendo che è noioso. Poi maldestramente si corregge dalla incredibile gaffe e dice che voleva solo invitare i giovani a tenere conto che il mercato del lavoro è mobile e… precario, e non è più come una volta. Già, come se non lo sapessimo! Adriano Celentano, da parte sua, accetta uno stipendio “modesto” per una, due o tre serate al Festival di Sanremo (da 350 a 750 mila euro) e anche lui si corregge e offre tutto in beneficienza. Bene, siamo contenti di questo gesto di solidarietà. Ma il segnale da dare era un altro: far capire al Paese che si può lavorare, non dico gratis, ma con un cachet più sobrio, magari noioso. In un tempo in cui c’è chi il lavoro lo ha perso, c’è chi non lo trova, e chi deve sbarcare il lunario con meno di mille euro al mese, un compenso così alto per una serata in Riviera grida vendetta al cospetto di Dio. Già, Dio. C’entra? Non lo so. Stamattina, bevendo il caffé, ho ascoltato l’esternazione di Giampiero Mughini, che su Raiuno si è scagliato contro quella che ha definito “sottocultura della Quaresima”, colpevole secondo lui di scandalizzarsi che un Celentano, così come un calciatore, prenda così tanti soldi. Non so bene a quale “sottocultura” appartenga l’opinionista ed ex-giornalista sportivo, che forse farebbe bene a parlare solo di pallone (e anche lì non ci azzecca!). Io sono fiero di appartenere, come milioni di italiani, a chi si vergogna che in questo momento non ci si vergogni a proporre cifre simili per uno spettacolo pur prestigioso come il Festival di Sanremo. Vogliamo chiamarla con il suo vero nome? Cultura della sobrietà. Farebbe bene a tutti un po’ di sano spirito quaresimale…
di Agostino Clerici